”...io non sono un disabile ma, semplicemente, una persona senza gambe..."
- Oscar Pistorius -
Quando sono entrato nell'aula, niente di meno che all'autodromo internazionale del Mugello, ho avuto la tremarella. Davanti a me un bel gruppo di persone sulla sedia a rotelle. E un vecchio compagno di scuola, con un bastone. Sono arrivati tutti per un corso di guida sicura dedicato alla disabilità (che parola orribile) che io e i miei amici di Area Safe, insieme alla Renault e alla Senese, abbiamo avuto l'onore di organizzare per conto di un'associazione molto nota, da queste parti: Spingi la Vita. Ho parlato in molte occasioni, in pubblico, ma quando mi sono trovato in piedi, davanti a loro, ho sentito il peso della mia anormalità.
Ero in piedi.
"E qui ti puoi sbagliare anche a respirare", pensavo.
Sono tutti giovani, a parte un terzetto di veterani e le loro lesioni al midollo sono più o meno tutte conseguenza di incidenti stradali.
Ci sono anche due ragazze, bellissime.
Un idiota avrebbe pensato, nel proprio cervello ipocrita affogato di merda, che in fondo è un peccato.
Così belle...
Sono un idiota. E il mio cervello ipocrita deve esserne immerso, in quel pozzo nero di cui parlavo prima.
"Non si deve provare compassione", mi sono detto... "Sono qui per divertirsi, falli sentire normali..."
L'ho già detto che sono un idiota, vero?
E io che mi sono vantato così tanto di avere un braccio più corto dell'altro, un polso pieno di titanio, la testa aperta come l'uovo di uno struzzo fatto cadere dal terrazzo, la gamba destra praticamente a pezzi, un acufene scassacazzo che fischia un interminabile fallo in area da quella mazzata assurda in via Reginaldo Giuliani, il 27 aprile 2007...
Io che mi vedo crollare il mondo addosso quando mi si rompe il raggio della bicicletta.
Io sono anormale.
Nel parco chiuso, intanto, accendono le moto delle prove libere e una specie di nube azzurra si solleva verso un cielo caldissimo e ancora più azzurro. Uno di loro si avvicina alla rete del Mugellino e le guarda.
Ci scommetterei qualsiasi cosa: lui è un motociclista.
Lorenzo è sulla sedia da anni, ma è un pilota provetto.
Ride sempre e quando gli chiedo consigli su come parlare lui risponde chiaro che quelli che sono in pista, oggi, sono normali.
"Chiamali zoppi, chiamali tronchi, chiamali come cazzo ti pare, ma sono qui per stare insieme, per stare con noi e vogliono imparare e divertirsi. L'importante è come li tratti, non come li chiami..."
Sono sulla Megane RS, 270 cavalli: Valentina mi dice che deve salire un ragazzo.
"Ok, fallo salire".
Arriva alla portiera, parcheggia la sedia di 45 gradi e mette i freni. Allunga la mano destra e afferra un lembo dei jeans, con cui solleva la tibia usandoli come un martinetto. Ci mette sotto la mano sinistra. L'arto si sposta e si appoggia sul pianale dell'auto. Poi tocca all'altra gamba. I piedi non stanno subito fermi, ma li sistema. Infine con la mano afferra la maniglia interna della macchina e con un solo atletico gesto si mette in posizione.
Ho la bocca aperta e lui mi guarda come se fossi un idiota (l'ho già detto che lo sono?): tira la cintura e la allaccia, poi solleva uno splendido paio di Oakley e vedo due occhi decisi.
Il suo sguardo è come lo schiocco delle dita di un illusionista che sveglia la sua cavia dal profondo sonno ipnotico in cui l'aveva poco prima fatta sprofondare.
Gli occhi mi ricordano il sergente William James, il protagonista di "The Hurt Locker".
Lo avete visto? E' la storia di un artificiere in Iraq. La locuzione hurt locker, nel gergo militare americano, indica due cose: un luogo a rischio o l'essere feriti in un'esplosione.
L'incidente stradale, quando arrivi, sembra proprio un'esplosione. Ce ne sono alcuni che mi ricordano il mercato di Sarajevo, il lungomare di Tel Aviv, Piazza Fontana, la stazione di Bologna o i Georgofili.
"Sei un militare?"
Lui mi guarda deciso e annuisce soddisfatto. "Parà, della Folgore".
"Adesso ti faccio ballare", faccio io.
"Sono qui per questo", risponde, e rimette gli Oakley a posto, incastrandoli in un naso perfetto.
Me lo immagino in mimetica, mentre pattuglia uno scenario di guerra.
Il fumo delle gomme entra dal finestrino semi aperto e invade l'abitacolo, mentre intraverso quel mostro che va anche un po' per i cazzi suoi.
Non ho più gomme e quando mi fermo le sue gambe si sono spostate parecchio.
Non ho più gomme e quando mi fermo le sue gambe si sono spostate parecchio.
Le ricompone e mi batte un fragoroso cinque.
Sono come lui, ora.
Sono normale.
Intanto Lorenzo si è messo la tuta e il casco, ha incastrato i suoi piedi sui pedali del kart, saldati, e si mette a girare.
Con lui non ci provo nemmeno.
"Facile con quelli come me, gli dico, prova coi piloti veri..."
"Facile con quelli come me, gli dico, prova coi piloti veri..."
Copyright © Lorenzo Borselli tutti i diritti riservati
Questo è il tuo scritto migliore! Quello che li supera tutti, quello che ti da capire il senso della vita. Lo stesso che vedi nelle corsie di un ospedale e ancor di più in un reparto di riabilitazione
RispondiEliminaPerbacco Stefano! Grazie! Perché non vieni all'autodromo domani? Cioè, oggi? Starò là tutto il giorno!
RispondiEliminaVorrei venire anche io per imparare a sentirmi normale, come stai facendo tu! SF
RispondiEliminaLa porta è sempre aperta, lo sai...
RispondiEliminal'ho letto....sono inchiodato a casa per qualche giorno con un occhio bendato e mi sembrava una tragedia, NON E' VERO!!!
RispondiEliminaGrande Lorenzo che....(oltre ad avermi dato una conferma,..dopo averti ascoltato alla presentazione nell'aula al Mugello), sei riuscito a dare voce alle foto che ho scattato!! Ieri ,non sò te, quante le volte che mi son detto, ..."noi ci si lamenta anche x una caccola nel naso che non riusciamo a estirpare!!
RispondiEliminaCarlo
Eh si...
RispondiEliminaFrancesca Falciani Grande Lore!!!! E bellissimo quello che hai scritto... :-)
RispondiEliminaLe persone vanno valutate per le cose che fanno e non per ciò che usano per muoversi il vero "DISABILE" è colui che che non riesce a capire questo semplicissimo concetto !!!!! GRANDE LORE ciao da enrico
RispondiEliminaCiao Lorenzo quello che hai scritto è bellissimo dovrebbero leggerlo tutti coloro che quando vedono un disabile in carrozzina abbassano gli occhi o hanno un gesto di pietà;mio figlio mi ha insegnato che la disabilità non è una diversità è una condizione che non permette di fare tutto ma sicuramente molto e a volte molto di più di chi può fare tutto. Gianni Pacini
RispondiEliminaSono contento Gianni. Contento davvero...
RispondiEliminaCos'altro aggiungere. Hai già detto tutto tu, caro Lorenzo. Con rispetto, educazione e sensibilità. Con la volontà di osservare gli altri senza giudicare ma cercando di capire ed imparare. Come al solito. Come sempre. Grazie per questi racconti di vita. Davvero.
RispondiEliminaComplimenti....non ci conosciamo molto bene ma leggendo queste righe mi sembra di conoscerti meglio e vedo una bella persona....
RispondiEliminaGrazie, ma non dimenticate di firmarvi perché se non lo fate io non capisco chi siete!!! Grazie davvero...
RispondiEliminabravo lorenzo...e pensare che qualcuno diceva che eri una schiappa a scrivere! baci
RispondiEliminaforse ti riferisci alla Vilda?
RispondiEliminaLorenzo, sei un grande, cosa dirti di più?
RispondiEliminaIl mio apprezzamento sincero per quello che tu scrivi e come lo rappresenti.
Un abbraccio.
Franco C.
Sei uno spettacolo.
RispondiEliminaRiesci a descrivere le sensazioni, gli stati d'animo e i pensieri.
Grazie.
Paolo Jkt
quanti abili non pensano di dover aggiustare i propri piedi prima di compiere passi facili e scontati. La presunta normalità ci rende superficiali e per la superficialità non ci sono sedie a rotelle, nè arti superficiali che tengano.
RispondiEliminaquella è davvero il limite più invalidante e diffuso che esista.
grazie lore..
molti dicono "quel grullo di Lorenzo"...facile parlare, basta leggere per capire l'artista, il poeta, l'estroso,...ma poi ti rendi conto che è solo una persona come le altre....Sincera sempre, nelle sue esternazioni.
RispondiEliminalorenzo e stato un piacere rivederti dopo tanto tempo grazie della bella giornata di sabato simone
RispondiElimina@ Franco C.: Grazie. Peccato che molti pensino solo a mercificare. Io non sono così.
RispondiElimina@ Paolo Jkt: Fortuna che non sono quello che molti vorrebbero che fossi...
@ Barbara: solidarietà di blogger? No, vero? Penso spesso a chi cammina su sentieri più alti e il più delle volte i piedi non servono. Servono le ali...
@ Gianni: Mi vuoi bene, lo so, ma non riesco ad essere sempre sincero sai? Anzi: spesso mento proprio a me stesso e a chi mi vuole bene. In pratica sono un cazzone.
@ Simone: grazie. se ripassi, ci divertiamo...
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RispondiEliminale ali, sì...
RispondiEliminami viene in mente la canzone dei Marlene Kuntz LIEVE a qs proposito..
"forse ci piace, si ci piace di più oltrepassare in volo, in volo più in là"
Devo dire che sono molto contento di questo post, sapete? Mi avete risposto così in tanti... e ad un novizio blogger come me non può che far piacere...
RispondiEliminaL'ho riletto, l'ho postato, ho pensato.
RispondiEliminaE' davvero il "Best Cult" come dice Shurtugal.
Paolo Jkt
'azie!!!
RispondiEliminaDavvero bravo! Grazie...
RispondiEliminaGrazie...
RispondiEliminastasera, nel mio stare"inerme forzato" , ho riletto il tuo scritto, è come ascoltare un saggio, che narra a modo suo una parte della vita, a modo suo ti fà vedere al dilà della tua stanza, ti dà la forza di andare avanti nella semplicità e,siccome avevo letto questa poesia da poco la voglio integrare al tuo scritto.
RispondiEliminaLa cecità dell'anima
Una notte ho sognato un bambino,
da solo giocava in mezzo al prato.
Aveva gli occhi chiusi, sfiorava i petali.
Mi chiese: "Come sono questi fiori?"
"Belli." Gli risposi.
"Perchè sono belli?",
mi guardava con gli occhi chiusi
e mi sentii stringere il cuore.
"Perchè sono colorati di giallo, rosso, verde e blu." riposi,
"E com'è il giallo? Il rosso? Il verde? Il blu?" mi chiese,
mi guardava con gli occhi chiusi
e mi sentii mancare il fiato.
"Non lo so." Risposi.
"Te lo spiego io." mi disse.
Con gli occhi chiusi si avvicinò a me, mi fece sedere.
Mi chiuse gli occhi, mi accarezzò, mi baciò, mi abbracciò.
Con gli occhi chiusi, sorrideva.
La mattina mi svegliai e mi accorsi che avevo ancora gli occhi chiusi.
Provai ad aprirli, ma non ci riuscii.
Provai ad immaginare, non ci riuscii.
Con gli occhi chiusi non ho ancora imparato a sorridere.
Autore: Antonio Sabia
Grazie a tutti , per quella bellissima giornata, Carlo di Duckburg
Che bel commento, Carlo! Sarai mica ricchione eh? Scherzi a parte, proprio ieri Gianni Pacini ha pubblicato il mio scrittonul sito di Spinginla vita. Mi sono ri-commosso!
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