sabato 10 settembre 2011

La storia (in)finita...


Strada bianca in bianco e nero
Segue da qui

La luce decisa del mattino sembrava aver trasformato la mulattiera in un cammino definito. La via era di fatto spianata: cominciava con un rettilineo senza fine e anche se sterrato, il fondo appariva battuto, almeno fino alla prima curva; semmai ci fosse stata. 
Si poteva fidare.

Così saltò in sella e senza togliere lo sguardo dalla strada prima tolse il cavalletto laterale con il piede sinistro e poi, proseguendo lo stesso gesto, innestò la prima.
Lo scatto dell’ingranaggio lo risvegliò dal torpore ipnotico in cui ogni motociclista sembra cadere fino al momento della partenza e lasciò la frizione dando manetta con delicatezza.
Partì, approfittando della fantastica luce, e ancora non riusciva a capire come avesse fatto a non accorgersi, la sera prima, che il cammino non era affatto terminato.
La mukka però gli sembrava pesante, impacciata. Certo – pensò – è diverso guidare sullo sterro
È diverso davvero, lo sapete? Bisogna spostarsi in continuazione, stare indietro in frenata e spostarsi in avanti in uscita di curva e in accelerazione. Bisogna usare il gas per levarsi d’impaccio e il freno, beh… se hai l’Abs sei fregato.
Dopo non so quanti chilometri di passione, che gli sembrarono un eternità, tornò a fermarsi. Parcheggiò la mukka in un punto un po’ nascosto, sistemò la tavoletta di legno sotto il cavalletto, tolse la giacca e, sudato fradicio e già spossato, cercò un posto in cui sedersi.
Era incazzato nero: la mukka era pesante, troppo, e i bauli ne avevano snaturato peso e dimensioni.
Mise il culo a terra e appoggiò la schiena a un faggio, adagiando la nuca nel mezzo del nodo di un tronco. I primi secondi gli parvero anche comodi e per questo provò a chiudere gli occhi. Era tanto tempo che ci pensava.
Gli venne in mente un’agilissima Yamaha, una monocilindrica a due tempi. Forse era una due e mezzo, sì. Era la quarto di litro dei suoi sogni. 
Cioè… fino a quel momento non l’aveva mai sognata ma ora…

Yamaha YZ 250, the "Dirtbike"
Strizzò forte le palle degli occhi, come per imporsi il sonno, come se ordinare al cervello di dormire fosse sufficiente a trovarsi nel pian di pennaia. 
La nonna Norina chiamava così il letto.
Il respiro si fece regolare e il rumore di fondo si placò. Perfino il fischio sembrò sparire, mentre gli si stagliava davanti l’immagine di quell’affusolatissima giapponesina dalle ruote sottili, tutte dentate.
Immaginò di avercela sotto, di dare gas sul bob, di saltare e di atterrare morbido, di fermarsi frenando all’impazzata e poi di scappare via dalla mischia del tornante, riempiendo di polvere tutti quelli che si era lasciati dietro.
Cazzo come correva, cazzo come li staccava, cazzo come si impennava e poi come scendevano giù, le forcelle.
Cazzo!
Ci fu solo un piccolissimo istante in cui venne colto dal rimorso per quell’abbandono istantaneo, consumatosi in pochi momenti. Così rapidamente, così clamorosamente, che se fosse stato il protagonista di un reality, la puntata avrebbe sicuramente toccato la punta di maggior share.
Aprì il gas a manetta e cercò di mettere quanta più strada poteva, tra il parcheggio della mukka e il sogno che stava cavalcando.
Più che una moto gli sembrava di stare abbarbicato al collo di Falcor, come Bastian nella Storia Infinita. 
Nei sogni il tempo cambia, si sfilaccia, si allunga o si accorcia con un metro che non ci appartiene. 
Poi arriva uno starnuto, un rumore dalla strada, un colpo sul muro dei vicini, la sveglia che suona.
Qualunque cosa accada, lega subito i due mondi, unisce i due tempi e così la sveglia che suona davvero diventa un telefono nel sogno e per un lungo momento non sai a quale universo appartieni.
Ti devi svegliare?
O devi rispondere al telefono?
Passò dal rumore assordante del fuorigiri sul salto in sella alla Yamaha a un colpo secco sulla nuca che si era dato da solo, sognando e sbattendo involontariamente la capoccia sul nodo del tronco.
La mukka era ancora lì. 

Fotografia di Jan Erik Ludvigsen
Il faggio muoveva la chioma facendo scricchiolare le radici. Un raggio di sole filtrava sotto i rami e gli scaldava una coscia, che sembrava prossima a incendiarsi.
Aveva la fronte sudata, era tutto sudato.
Si alzò e scoprì che aveva il culo informicolato. 
Staccò i bauli e li lasciò al posto che aveva occupato lui, al tronco dell'albero. 
Provò un senso di piacere e di calore salendo nuovamente in groppa alla mukka e sbatté volontariamente lo stinco sinistro sul cilindro del boxer, per farsi male e capire così a quale mondo appartenesse in quel momento.
Il dolore che sentì gli fece bene. Era una risposta.
Avviò nuovamente il motore e partì. La strada cominciò a sembrargli quella di casa, ma era ancora un lunghissimo viaggio...
[...continua?]

Copyright © Lorenzo Borselli tutti i diritti riservati

39 commenti:

  1. E i bauli?? Dove sono che li passo a prendere io? 2 di scorta fanno sempre comodo!! :-)) Ciaoo!!

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  2. Le strade senza semafori, senza cartelli, senza asfalto, sono per me le piu affascinanti, ma ti entrano dentro e non escono piu.. devi essere pronto a conviverci per il resto della tua vita... bellissimo pezzo Lore!
    Carotone

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  3. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  4. Mai che ci si risvegli accanto a una Audrey che strimpella Moon River.... 'cidenti, la dura vita del motociclista!

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  5. Però... Che idea... Se fossi uno scrittore vero ci farei un cameo e ti citerei in seconda di copertina...

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  6. i bauli!!! la valigie, i bagagli, un fardello? zavorra? chissà! mi sono state sempre sulle palle le "moto" con i bauli!!! sarà perchè quando ho viaggiato da vagabondo manco la bauliera della macchina mi era sufficiente (tenda, pentole, frigo, vestiti, scarpe, carzoni e mutande...) e vedendo i motociclisti con sti due bagagliucci a mano appesi alla ruota posteriore mi hanno fatto sempre incazzare! utile o superfluo? ... ma le MOTO senza bagagli a mano, sono le più belle,... forse solo da vedersi!

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  7. questo racconto mi era sfuggito..
    o perbacco!
    ed è così bello!
    cioè, nel tuo descrivere c'è tnt di quel sentire che immedesimarsi è un attimo e così la zuccata, a fine sogno (racconto) l'ho presa pure io!!!
    sempre bravooo!!

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  8. forse volevi parlar di quel che si ha e di quel che non si ha?..
    la realtà a vlt la smonti e la appoggi da una parte e parti per il sogno..
    però spesso poi si torna a riprender il bagaglio..
    forse ingombrante, ma così parte di noi che spesso appoggiato all'albero ci rimane il sogno!

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  9. ..ma non nel tuo racconto; per qs mi è piciuto!!! :)

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  10. Quasi del tutto azzeccato. Ma all'albero lascio solo il sovrappiù...

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  11. Scrivi benissimo ma questo non l'ho capito nemmeno dalla spiegazione! J.

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  12. L'ispettore sei tu ma in quanto a intuito siamo messi malino. Però devo dire che questa tua risposta mi ha fatto capire molte cose per cui grazie.

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  13. Questa non l'ho capita. Ti ho scambiato per un'altra persona. Scusa... cos'è che non hai capito?

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  14. Troppe strade ti ha aperto l'etere..poi ci si confonde.CIAO

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  15. vero. a intuito sono messo malino. solo ora ho capito "J". e solo perché sono stato aiutato...

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  16. Hai così tante amiche J... che hai dovuto far controllare gli indirizzi IP?

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  17. Non mi mancano solo le ali. L'intuito è un altro problema...

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  18. e il coraggio. e le farfalle nel motore. e il motore quando sei in bicicletta. a te manca sempre qualcosa?

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  19. ok hai smorzato questa fantastica conversazione.ciao eh

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  20. Reach the stars
    Fly a fantasy...
    Dream a dream
    And what you see will be...

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  21. Oltre ad essere un esperto di youporn lo sei anche di youtube?

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  22. Ovviamente. E ora smorzo questa fantastica conversazione. Ciao eh...

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  23. Peccato! Mi stavo divertendo...

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  24. Ovviamente ti è chiaro che questi commenti non li ha scritti jane doe.giusto per la cronaca

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  25. E nemmeno Heidi. Lo avevo escluso. Ovviamente.

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  26. Ecco bravo! Meglio precisare. Se no avresti offeso il mio ego...ed alimentato quello di qualcun'altra.

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  27. Ma chi è questa scema?

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  28. Hai perfettamente ragione...siamo tutti anonimi.
    Non tutti infatti hanno il tuo coraggio e la tua sensibilità.
    Per mettersi a nudo e parlare della propria vita trasmettendo emozioni e sentimenti.
    E non occorrono chiavi di lettura, basta solo saper leggere tutti questi racconti per capire che tu non sarai mai uno dei tanti anonimi.

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  29. Ti dispiace dirmi chi sei? Te lo chiedo per piacere...

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