lunedì 23 settembre 2013

Slovenia: trip from the Middle Earth (part two)

È il nostro momento di gloria, i nostri sogni si avverano, possiamo diventare ciò che vogliamo e per il tempo che vogliamo; e quando ci stufiamo, basta togliere le tende e via. Il viaggio: la solitudine delle montagne, il vuoto del deserto, la linea delicata di un minareto: perenne cambiamento, molteplicità infinita”.

Robert Edison Fulton Jr. – One Man Caravan (1932)

Lungo la 209, da Bled a Bohinj
Lasciarsi Bled alle spalle non è una cosa semplice. È come se avessi trovato il luogo perfetto per vivere, per farti una corsa o una nuotata, per salire in bicicletta o per berti una Union sdraiato su un prato che fa da sponda a quasi tutti i suoi 6 chilometri di perimetro: andartene non è affatto bello. C’è sempre qualcuno che corre, o che pesca o che rema improbabilmente in piedi su una tavola da windsurf. 
Quando imbocchi la 209 per raggiungere un altro lago, assai più grande e forse altrettanto bello, ma assolutamente selvaggio, senti di lasciare qualcosa e anche la campana dell'isola di San Martino, che fino a quel momento aveva finito con lo stufarti, improvvisamente  ti manca. Il lago dove dirigo le corna della mukka è quello di Bohinj. 
Prima di arrivarci, però, attraversiamo Bohinnska Bistrica, una cittadina che pare annoveri più di 5mila persone ma che ne dimostra parecchie meno. C'è senz'altro un bel traffico e il rallentamento giova: esploro con lo ski-laser-eye-scanner che ho al posto degli occhi un paio di piste simil-appenniniche, corte ma belle dritte. Sono quelle della stazione di Kobla, che nonostante le basse quote sembrerebbero, almeno a occhio, essere un po' meglio di Kranjska Gora, fatta eccezione per la Podkoren.


La ski-area di Kolba
Il lago ha colori stupendi: lo percorriamo da un capo all'altro, arrivando alla fine della strada, a Koča pri Savici, dove l'ampiezza della conca glaciale diventa sempre più stretta, quasi un orrido: peccato non avere il tempo di fermarsi, qualche ora, e andare a visitare a cascata Savica, o per percorrere i sentieri verso il monte più alto della zona, il Pršivec.

Se vi servono le coordinate, eccole qua: (N): 46,2909 - (E) : 13,8024.

Il lago di Bohinj, Alta Carniola, ultimo avamposto del parco del Triglav
Qui, proprio nei pressi della statua di stambecco che guarda il viandante dando le spalle al lago, decidiamo di mangiare: io mega-toast (dimensioni 5 cm per 4), Angela crêpe alla nutella; panino indegno, crêpe accettabile, servizio pessimo. Statene alla larga. 
Per tornare indietro facciamo la variante di Stara Fužina, un villaggio fuori dal traffico della 209 ma immerso, in compenso, in una natura strepitosa. Arrivarci è molto facile: basta prendere il ponte di San Giovanni, che costeggia l'omonima chiesa, e percorrere tutta la 633 fino al bivio con la 209, molto più a nord-est, tra Bohinska Bistrica e Bled.

Il ponte di San Giovanni e, dietro, l'omonima chiesa
5 cents sloveni
Ignari di ciò che ci aspetta, non avendo fatto alcun programma preciso, decidiamo di toglierci dalla strada di Bled e prendere una scorciatoia verso Škofja Loka: per arrivarci la mukka torna verso Bohinska e qui saliamo sulla sinistra della ski-area, imboccando la 909. Scopriamo, dopo una decina di chilometri, che si tratta di una strada bianca: deserta, sterrata, immersa nel verde. Gli ingredienti per un avventura, ci sono tutti.
Passiamo lenti, ma decisi, su Nemški Rovt, un piccolo villaggio che sorge tra le piste del comprensorio di Kobla e ci allunghiamo a est: teniamo la destra e prendiamo la 910 fino a quando arriviamo a un paesino di nome Spodnja Sorica, famoso per l'aria fina e per aver dato i natali a Ivan Grohar, pittore dell'impressionismo sloveno, noto per avere - tra l'altro - dipinto "the sawer", il seminatore, che la Slovenia ha deciso di far stampare sulle monete da 5 cents.

The Sawer, il seminatore
Il pomeriggio, caldo, avanza verso la sera ma abbiamo ancora tante ore di luce davanti. L'arrivo a Škofja Loka è per le quattro, più o meno.

Škofja Loka vista dagli sloveni, sul sito http://www.skofja-loka.com
Non siamo riusciti a trovare né il punto di vista più adatto né la luce giusta, ma il fascino medievale di questa città resta immutato, si legge nelle guide, dal 1200. Il castello di Loški Grad è in realtà un palazzo maestoso che oggi è un convento, rimasto nelle mani prima dei Cappuccini e poi delle Orsoline dal 1890. C'ero già stato, come in gran parte dei luoghi visitati in questo bellissimo weekend, ma il fascino di questa città è tanto che sembrava la prima volta. Il centro storico è costituito da due piazze rettangolari, il Mestni, visibilmente più ricco e pieno di negozi, e lo Spodnji, che ricorda molto un ghetto: per accedervi, il ponte dei Cappuccini.

Il ponte dei Cappuccini
Il ponte sovrasta il Selška Sora, uno dei due fiumi che bagnano la città: dall'unione del Selška Sora al       Poljanska Sora nasce il Sora. Prendiamo un bel gelato sotto una tenda nella piazzetta dei poveri, lo Spodnji, e poi, dopo aver cambiato le acque, recuperiamo la motoretta che avevo parcheggiato proprio vicino al ponte e, dopo aver ripetuto il rito dei lucchetti (quelli che tengono chiusi i sacchi), dei bauli e dei caschi, ripartiamo imboccando la 210 in direzione di Gorenja Vas.
La strada che abbiamo fatto, da qui in poi, è la 407: bellissima.
L'asfalto è da 10+ e una decina di chilometri dopo il bivio che ci stacca dalla 210 trovo una serie di tornanti che fanno effetto nel sangue come il Viagra. Soffro di priapismo con la ruota davanti (ovviamente) e solo quando passiamo accanto a un esausto cercatore di funghi ci fermiamo qualche minuto. Peccato non poterli mangiare subito, i porcini di quel cesto: ce ne saranno 5 o 6 chili, di tutte le dimensioni.

Le colline verdi attorno a Gorenja Vas
Abbiamo il tempo, mentre ci dirigiamo lenti a Gorenja Vas, di vedere una bella poiana schizzare a terra su un ratto, sbudellarlo e portarselo via, prima che potessimo tornare indietro a fare qualche foto decente. Non ci è rimasto che guardarla andare via con un hamburger fresco tra gli artigli.

Poiana, Buteo buteo Linnaeus
Navigare senza GPS rende tutto più complicato: la carta che ho è 1:300mila, il che significa che un centimetro sono 3 chilometri: perdo incroci, salto strade che forse sarebbero meno trafficate e probabilmente più belle, ma finalmente respiro un po' d'avventura. La strada che mi ha riportato quassù è molto lunga e l'importante è esserci arrivato. E poi il navigatore - alla fine - serve solo a trovare l'indirizzo dell'albergo quando arrivi in grandi città, lasciate fuori dal nostro programma. Persino una visita alla bella Ljubljana, alla quale siamo vicinissimi, è rimandata al futuro.
Dicevo, Gorenja Vas: il nome per intero è Gorenja Vas-Poljane. Stiamo tornando in quello che un tempo era il Regno d'Italia. La cittadina venne assegnata al nostro paese col trattato di Rapallo nel 1920, ma abbiamo fatto di tutto per perderla di nuovo qualche anno più tardi.
Dalla 210 alla 407, verso Gorenja-Dobrava, e, dopo 14 chilometri, senza lascare l'Alta Carniola, arriviamo a Lučine, metropoli di 160 anime che vanta una tradizione medievale e che si fa proteggere da San Vito, cui la piccola comunità è devota fin dall'antichità.



Gas consulte the map
Infine, per chiudere l'esperienza con la strada 407, il muso placido e moscerinato della mukka varca la soglia di Vrzdenec, luogo che ai tempi della dominazione aburgica aveva assunto il nome di Schönbrunn, letteralmente bella primavera: siamo nella Notranjska, la Carniola Interna (anche se il toponimo riguarda solo un'antica ripartizione, mantenuta solo perché rappresenta il nucleo centrale della Slovenia), un luogo dove nonostante la tarda estate il colore che prevale è il verde primavera. Lo scoppio di colori indica però che ci stiamo avvicinando al capoluogo ideale della Carniola Interna, Postumia.
Per arrivarci, imbocchiamo la 409 a Vrhnika (in italiano Nauporto) in direzione di Logatec: Nauporto ha una storia antichissima e, come dice la stessa parola, era sede di un porto fluviale romano presso il quale facevano scalo le imbarcazioni provenienti dal Danubio alla Sava e infine alla Ljubljanica, distrutto a più riprese da varie insurrezioni fino al colpo di grazia inferto dagli Unni.
da Nauporto a Longatico o, per meglio dire, a Logatec, ma cominciamo ad essere stanchi e vorremmo provare ad arrivare in tempo a Postumia. Così proseguiamo per Kalce, città dove è stata scoperta una fossa comune del periodo di Tito, e dopo aver percorso la 102 per 4 chilometri svoltiamo a sinistra sulla 409, attraversando prima Grčarevec e poi Planina, su una strada che è una vero luna-park della piega. Praticamente a ogni curva ci sono spettatori e la segnaletica ci mette al corrente che la strada non è una pista.

Grattatio pallorum, fugatio malorum...

Postumia o, come dicono da queste parti, Postojna, arriva all'improvviso. Così all'improvviso che per un attimo pensiamo di essere in tempo a salire sul trenino delle grotte che qui dicono essere le più famose e belle del mondo. Non ho dubbi che siano bellissime e, del resto, ne conservo un vago ricordo d'infanzia, ma secondo gli esperti non siamo nemmeno tra le prime 10: il sito Coolture Hunter (clicca qui) non cita Postumia e nemmeno Skyscanner: troviamo la Grotta Azzurra di Capri, Carlsbad (New Mexico), Crystal & Fantasy (Bermuda), Eisriesenwelt (Austria), Luray (Virginia) e la grotta del Flauto Rosso (Cina). 
Di Postumia, in questi siti, nemmeno l'ombra.
Comunque, l'accesso alle grotte è chiuso e quindi decidiamo di svicolare verso il Castello di Predjama, un vero gioiello. Per arrivarci serve percorrere per 10 chilometri la 913, che nasce con questo scopo: impossibile sbagliare. La struttura è poderosa ma, a causa dell'orario, abbiamo passato le sei del pomeriggio, non è visitabile. Che palle. Dicono che la giostra di Erasmo, che si tiene ogni anno a luglio, sia molto suggestiva. In effetti la location è degna di menzione ma francamente credo che dopo aver visto la giostra del Saracino... Vabbè, evitiamo campanilismi.

Il castello di Predjama
Rifornimento, Pringles, acqua e poi via: siamo a metà strada esatta tra Lubiana e Trieste e quindi abbiamo poso tempo da perdere. Passiamo la frontiera di Basovizza dopo aver percorso una suggestiva strada secondaria. Da Postumia abbiamo imboccato la 6 per evitare l'autostrada e così, poco dopo Pivka, che noi chiamavamo San Pietro del Carso (particolare indifferente, visto che solo lo 0,05% della popolazione usa l'italiano per esprimersi), piccolo centro che credo ricorderò solo per aver visto, passando, una vecchia caserma comunista trasformata in museo del carro armato, svoltiamo a destra sulla 405, che ci porta dritti a Divača, che avevamo già toccato all'andata, e poi a Basovizza, dove rientriamo sul patrio suolo per raggiungere Trieste. 

Trieste by night
La serata è calda e un'emicrania fortissima mi sorprende all'arrivo in città. Domani si torna a casa.

© Lorenzo Borselli - Tutti i diritti riservati








7 commenti:

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