"Chi più alto sale, più lontano vede; chi più lontano vede, più a lungo sogna..."
(Walter Bonatti)
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Mukka all'ormeggio, sul Lagazuoi |
14 giugno 2019, ore 6. In una stanza del Garni Bellavista, non è ancora suonata alcuna sveglia, ma uno dei tre occupanti della 107, il sottoscritto, è già all'erta. Non ha bisogno di suonerie, lui, e la ragione è biologica. Nel cervello umano, in un'ansa dell’ipotalamo - c’è una specie di relais che fa tic-tac tra la fase del sonno e quello della sveglia, dando vita al ritmo "circadiano". E' un tic-tac primordiale, un orologio interno che le specie terrestri si tramandano nel proprio codice genetico. Il relais di questo inquilino scatta alle 5:50 di ogni mattina.
L'alba del 14 giugno non fa eccezione, nonostante i due o tre rum ingurgitati la sera prima nel bar del Garni Bellavista, dopo una pizza mangiata a casa di Giorgio e Linda in quel di Civezzano, dove eravamo arrivati a bordo delle auto di Paolo, il vecio, e di Bruno: solo scrivendo mi sono ricordato che abbiamo incontrato anche lui il giorno stesso del nostro arrivo.
Lo presento?
Di sicuro, ma, prima, un'immagine della fantastica pizzata a casa Ropelato (che è poi il cognome del mitico Giorgio)...
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Cena a casa Ropelato, a Civezzano... |
Bruno (che qui apre la foto da sinistra...) è il "pard" di Paolo Molinari, per dirla alla maniera di Sergio Bonelli, quando era ancora lui a stendere i dialoghi di Tex Willer e Kit Carson. Lo conosco dal 2015, da quando, cioè, mi imbarcai nel secondo dei miei tre viaggi africani (del primo non c'è praticamente traccia, perché nel 1996 facevi un rullino di foto e rìzzati), quello in Marocco (leggi qui e poi segui la corrente del blog...).
Bruno usava, all'epoca, una KTM, mentre stavolta (il 14 però, dopo la, pizza da Giorgio) si presenta al bivacco degli oscuros con una Ducati Multistrada, una vera superbike a ruote alte. Bruno spinge davvero forte e quando uno come me incontra uno come lui, in genere finisce a sfiammate!!!
Comunque, tornando al tic-tac: se è vero che nell'ipotalamo c'è un orologio biologico che ticchetta, anche nel motore Ducati c'è qualcosa di simile. E' la frizione a secco, che per gli amanti del Desmo corrisponde più o meno al "Nessun dorma" della Turandot di Puccini, cantata però da Luciano Pavarotti.
E' l'epifania del motore perfetto, una voce da urlo.
Un sound iconico.
Per cui, quando sto tentando di abbassare i pantaloni militari sullo stivale da moto, sento il Nessun Dorma di Borgo Panigale e capisco che Bruno è arrivato; che Paolo è con lui, lo capisco quando il Multistrada si spegne, perché solo in quel momento posso distinguere il ronzio patetico (e ve lo dice un biemmevuista) del boxer del Molinari.
Comunque, bevuto il caffè al bar del Garni, lo stesso che ci aveva rifornito di rum la sera precedente, partiamo. Il giro che propongono gli atesini, si può dire, è un classico: ma non del turista, bensì del motociclista locale, passando per i luoghi meno battuti per vedere le cose più belle...
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Giusto per darvi un'idea, no? |
L'inizio della strada, Caldonazzo, è appena un po' noiosa. Solo un poco, perché raggiunto l'altopiano del Tesino le gomme cominciano a scaldarsi e le cavalcature mia e del Bruno sentono che la galoppata si avvicina. La SP79 rappresenta l'inizio della pasada da Castel Tesino, costruito dai romani sulla strada, la via Claudia Augusta, che collegava Altinum, oggi Quarto d'Altino, alla città bavarese di Augusta, oggi Augburg. Prima di arrivare al primo passo della giornata, il Passo Brocon: io e Bruno lasciamo sfogare i cavalli che sbraitano nei nostri bicilindrici. Il mio, in particolare, era un pezzo che non sfidava la gravità con l'effetto giroscopico imposto dal cavaliere e anche se il mio purosangue è brutto come un morto col moccio al naso (parole del Chupy, "tu moto es tan fea como un hombre muerto con el mocos en la nariz..."), corre "come il vento che soffia" (e qui la dico alla Forrest Gump)!
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Passo Brocon: due fave! Una è Bruno... |
La SP79 è una strada straordinaria. Appena valicato il Passo Brocon, dove si spiegano alcune piste da sci, la strada continua verso il Passo Gobbera, prima scendendo verso Canal San Bovo, dove facciamo una sosta d'obbligo all'Osteria alle Fosse, con birra Moretti per Genaro, Weizen per noi italiani, cappuccino per Paco, e non ricordo cosa per Chupy e Luz, e dove inizia l'operazione di soccorso per Luz, che proprio all'ingresso di Canal San Bovo incontra una vespa che la pizzica su un sopracciglio.
L'asfalto si stringe, quasi a diventare un sentiero: il verde dei prati si scurisce con le conifere che si alzano verso il cielo, che resta tutto il giorno di un blu cobalto. Spaziale.
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Un fratello raggiante... |
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Una foto all'autore del blog!!! |
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Hermanos... |
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Che spettacolo... |
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L'osteria alle Fosse |
Poi continuiamo ed entriamo nel cuore del Trentino orientale, sfrecciando lungo la valle del Primiero, fino a Fiera di Primiero, Tonadico e poi il Passo Cereda, per scendere poi ad Agordo, terra da me conosciuta grazie ad Angela, che da queste parti ha una casetta tattica. Percorriamo la SP347 proprio da Fiera di Primiero, in una strada che ha il sapore di un turismo più slow, senza troppa gente in giro e che, soprattutto, mentre la percorri in direzione della valle del Mis, e siamo in provincia di Belluno, ti tiene le poderose Pale di San Martino sulla tua sinistra, mentre a destra il declivio ti fa perdere lo sguardo tra gli alberi, quelli rimasti in piedi dopo la famigerata Tempesta Vaia del 2018, e torrenti impetuosi.
Agordo ci accoglie placido, come uno dei tanti pueblos che incontro quando vado in Spagna.
Che dire?
Fantastico...
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Il gruppo scende verso la valle del Mis |
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Gente del posto... |
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gruppo in posa... |
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Luz!!! |
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Agordo |
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Gruppo vacanze "Castilla Y Leon". Io sono ciccionissimo! |
Archiviata la pausa "descansante", prendiamo la ex SS203 Agordina e puntiamo dritti verso il Passo Duran: siamo nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, circondai da picchi rocciosi di 2.500 e più metri, sempre sotto lo sguardo sornione del Massiccio del Civetta. Viaggiare sulle Dolomiti è incredibile, soprattutto in moto. Però, una cosa la devo dire. Anni fa, in uno dei corsi di addestramento che ho fatto in montagna per il mio datore di lavoro, mi trovai appeso a una corda, a una sessantina di metri da terra. Dovevo stare lì per fare il cambio da una corda all'altra, in prossimità di una sicurezza e mi girai verso la valle per contemplare, per qualche minuto, la magnificenza del Latemar. Sentivo il vento, il suo soffio delicato e il rumore che faceva passando sopra la mia testa, tra la corda doppia e la parete di granito. E tutto finì quando un paio di moto un po' stappate iniziarono la scalata al San Pellegrino. Il vento smise di fare rumore, gli uccelli scapparono e quel momento magico ebbe termine. C'è un tempo per ogni cosa, ma l'uomo, con i suoi vizi e le sue passioni, rovina spesso ciò che la natura ha messo lì.
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Ecc'allà... |
Comunque: arriviamo al Passo Staulanza, dove Paco appiccica un adesivo dei Pinguinos al cartello, assieme alle altre centinaia che già ci sono, e poi andiamo al Giau.
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Paco e Paolo selfing... |
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Il gruppo allo Staulanza |
Il Passo Giau va sempre conquistato. Era così ai tempi degli uomini primitivi, e Paolo ne è un fulgido esempio, è sempre stato così per i viandanti ai tempi dei pellegrinaggi in Terrasanta, è così per i ciclisti e i camminatori moderni, è così per i motociclisti. Ad un tratto gli alberi spariscono e tu sei lì, piccolissimo. La strada si spiana, si restringe, si arrampica snodandosi sui tornanti. Io e il Bruno siamo un po' in vantaggio, ma molliamo l'andatura perché altrimenti perdiamo il panorama. E, come al solito, foto...
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Attacchiamo il Passo Giau |
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La XR1000, Black Hawk del Chupy |
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La gray bike di Paco |
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On the top, on the snow... |
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Ricordi |
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In posa davanti al monte Nuvolau, 2.647 metri |
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Lastoni di Formin, 2.657 metri |
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I miei amati fratelli |
Dopo il panino in cima, iniziamo a rientrare verso il bivacco. Ma c'è ancora tempo per le emozioni, perché dopo aver preso la direzione di Cortina d'Ampezzo, evitando di raggiungere però la Regina delle Dolomiti, saliamo verso un'altra tappa epica dei Giri d'Italia, il passo del Falzarego, dove sostiamo per un caffettino e per comprare qualche souvenir. Qui, vi dico la verità, ho cercato di convincere i ragazzi a salire sulla funivia del Lagazuoi. Da lassù, avrei mostrato loro la magnificenza del Creato, perché, bisogna essere immodesti: questo è uno dei luoghi più belli dell'universo conosciuto. Certo, non si sarebbero pentiti, anche se in inverno fa tutto un altro effetto...
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26 marzo 2016. Foto al Lagazuoi. Mica male eh? |
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Prendiamo un ultimo respiro al Falzarego... |
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Genaro si riposa al Pordoi... |
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Da sinistra: Paco, io, Genaro, Chupy, Bruno, Luz e Paolo |
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Il Passo del Pordoi |
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Amici al passo... |
E il giorno due, se ne va.
Doccia e cena in riva al lago, dove l'ospitalità trentina ci regala un piccolo spettacolo pirotecnico, fatto apposta per noi, in onore, soprattutto, di Luz.
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La cena in riva al lago |
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Amanti in riva al lago... |
Il giorno che viene è il 15 giugno. Per un gruppo normale sarebbe il giorno clou, perché i ragazzi hanno attraversato il Mediterraneo per un raduno IPA (l'International Police Association) tra i più rinomati al mondo. E badate che non scherzo, perché non capita spesso di poter scorrazzare in moto su un Patrimonio Mondiale dell'Umanità scortati dalla Polizia Stradale italiana. Eh no.
Però, almeno per me, il momento intimo volge al termine. Alla sera dovrò tornarmene a casa, perché tre giorni dopo ho un volo per Colonia, dove spiegherò ai colleghi tedeschi (tanto per restare in tema di IPA) come funziona la legislazione italiana in materia di patenti di guida.
Strano che lo chiedano a me, ma tant'è...
Devo preparare la lezione, e anche se mi resta la grandissima consolazione che il 17 ceneremo insieme a Calenzano, dovermene tornare a casa mi riempie di un vuoto assoluto.
I miei amici sono letteralmente la mia vita.
Così, dopo la colazione al garni, preparo le borse e carico la moto. Poi parto, insieme ai ragazzi, e raggiungiamo con calma Arabba, dove un centinaio di motociclisti provenienti da tutto il mondo sono arrivati facendo un itinerario spettacolare: Predazzo, Bellamonte, Passo Rolle, il Passo Valles, il Passo San Pellegrino, e poi Moena, Canazei, Passo Fedaia e Rocca Pietore.
Noi approfittiamo di Giorgio e Linda, che troviamo proprio davanti al ristorante "Pordoi", per essere introdotti al gruppo: e qui succede una cosa particolare. Tra i tanti sbirri che mi vengono presentati, ce n'è uno che ha una faccia familiare. Non so perché lo sia. E' un gigante, letteralmente, che quando mi stringe la mano, affettuosamente, quasi me la stritola. Si chiama Karol, è un poliziotto slovacco, e viaggia con sua moglie Majka.
Nel viaggio di ritorno a casa, il 19 giugno, lui e Majka muoiono in un incidente in Slovenia.
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Il gruppo ad Arabba |
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Ancora ad Arabba |
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Agrupaciòn de Tràfico de la Policia Nacional |
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Il pranzo al Pordoi |
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Don Paco e la bottiglia del Giro d'Italia |
Nel pomeriggio, con la panza un po' piena, rientriamo verso Caldonazzo passando per lo stupendo Passo Campolongo, per Corvara, il Passo Gardena e il Passo Sella, e poi di nuovo Canazei, Moena e Predazzo.
Dunque, quello che fanno il giorno dopo i ragazzi è semplice: scendono giù a valle, visitano Verona, arrivano a Trieste e poi dormono a Lubiana.
Ho le loro foto e se vogliono scrivermi qualcosa, sarò fiero di aggiungerlo. Per me, però, la loro visita si conclude il 17 sera a Calenzano: li ho sistemati, come un anno prima, dal mio amico Sauro all'Hotel Valmarina e proprio nei paraggi, al ristorante I Tre Caci, ci facciamo un mega bisteccone al sangue, in compagnia di Angelo, che era stato con me (e con loro) ai Tempanos di tre mesi prima, in Castiglia. Per quello che succede dopo, bastano 3 foto e un filmatino per celebrare degnamente la fine del rodaggio della moto di Genaro: 100.000 chilometri. E dove scatta il fatidico numero? Tra Modena e Bologna, in A1, con quaranta gradi all'ombra!!!
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Angelo è con noi... |
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Io insegno alla scuola di Gimborn (Germania) |
Ma il succo, è tutto qui.
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Ciao fratelli, alla prossima...
© Lorenzo Borselli - Tutti i diritti riservati
Bellissimo leggerti, come sempre... ;)
RispondiEliminaE' una magia incredibile, veder scorrere i chilometri insieme agli amici.
La cosa bella, credimi Alberto, è scriverle queste storie. Sapendo di averle vissute... Comunque, grazie socio...
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