sabato 15 gennaio 2011

Il nostro primo Pinguinos


L'ingresso del Pinguinos 2011
Firenze, 14 gennaio 2011 – Avrei voluto fare di meglio, raccontarvi di più in tempo reale. Ma non è stato affatto possibile. Inizialmente è stata senz’altro colpa di Oscar, che non è abituato come me a interagire con la rete. Da quando sono blogger, se mi passate l’autocelebrazione, vedo le cose in maniera un po’ diversa. Comunque: l’arrivo al Pinguinos 2011 è stata una delle emozioni più belle e intense della mia vita motera. Uscire dall’albergo, impostare il gps, svincolare dall’autopista e cominciare a vedere moto su moto, che fanno la tua stessa strada e che vogliono tutte arrivare dove sei diretto tu.
È una specie di migrazione, come quelle che fanno certe testuggini quando vanno a deporre le uova, attraversando oceani e tempeste per andare in un certo insignificante punto – almeno a prima vista – del pianeta. I pinguini, in Europa, li trovi a Ponte Duero, in mezzo a una pineta secolare. Alle rotonde che precedono il punto d'incontro si cominciano a vedere poliziotti e guardia civil, anche a cavallo. Capisci subito che si tratta di una cosa grossa e quando parcheggio davanti al box per registrarmi, il cuore batte forte. Ritiro la medaglietta, il pass e il programma: rimettiamo in moto e parcheggiamo le mukke proprio in cima al parcheggio.
Siamo arrivati. Il Pinguinos è nostro...

Oscar ha il numero 4492, Oskar, io il 4493.
Il tempo di farci la prima foto ed ecco che arriva Gigi, il bancario romano volterrano. Sta in piedi, è già qualcosa. Scatta le ultime foto perché dopo una notte di bagordi deve già ripartire insieme ad Alessandro…
È un peccato, perché i due amici che abbiamo conosciuto in nave sono due tipi tosti. Lo si capisce da come hanno agghindato le loro mukke, tassellate e ben coperte, pronte alla neve e al gelo che, per fortuna, stavolta non c’è. Se lo terranno per l'Elefantentreffen, altra futura meta anche per alcuni degli amici che stiamo per incontrare di nuovo.
In posa all'ingresso con Gigi e Alessandro. Si aggrega anche "Siviglia", un biker iberico in deciso stato di ebbrezza...
Alcune delle foto che abbiamo fatto, e che agghindano i nostri profili di Facebook, sono quelle tipiche dei raduni. Le ritrovi dappertutto.
Quello che mi riesce difficile descrivere, è il clima che si sente qua.
Un motociclista è un tipo solitario, soprattutto quello che sceglie la moto per scoprire il mondo. Non c’è angolo del pianeta, da me scovato, nel quale non abbia immaginato cosa sarebbe stata una strada, uno sterrato o un panorama, visti dalla sella, col manubrio in mano.
E poi c’è la simbiosi con Oscar.
Abbiamo interessi diversi, facciamo vite diverse.
Ma sentiamo che quando si parla i nostri pensieri motociclistici convergono. Pensiamo già a come sarà tornare qua, perché lo faremo. Verranno anche Ariela e Raffaella? Suggeriremo ad altri di unirci a noi?
Nel frattempo si è fatto mezzogiorno e decidiamo di stoppare il brontolio dello stomaco con due bei panini con salsiccia alla brasa. Con birra e pepsi, ovviamente.
Poco dopo tocca alle patatas bravas e da questo momento in poi anch’io, fervente salutista, lascio le bibite gassate ai minorenni. Il primo vaso de cerveza ha quasi un sapore proibito, ma è una bevanda eccellente. Fresca, ambrata. E poi la mukka è al paskolo, sicura.
Fanculo.
Il vaso de cerveza è solo l'inizio. La bottiglietta di acqua arriverà intonsa all'albergo...
Salutati Gigi e Alessandro, non resta che cominciare l’esplorazione dell’acampada. Non è una cosa facile, perché all’ingresso ci sono un sacco di attrazioni pericolose per i motard: negli stand si trova il meglio che il mercato offre in materia di gadget e accessori per biker. Oscar compra subito un casco nuovo, un modulare della Nitro che è davvero bello. Lo sistema nella mukka e poi riprendiamo l’esplorazione. Gira che ti rigira, mentre cerchiamo il Bubi, l’Andrilli o il Gallo, ci imbattiamo in una bandiera dell’Ipa, l’International police association. Garrisce al vento all’interno di un perimetro delimitato da un nastro della policia. E qui la grande intuizione del sottoscritto: facciamo vedere i tesserini, dai!, così, tanto per fare uno scherzo. Funziona: lo estraiamo al volo in contemporanea e Oscar si qualifica per agente dell’FBI! Siamo accolti come amici: prima ci facciamo qualche foto e poi conosciamo Angel, il presidente del club Moto Pincia, del quale fanno parte molti sbirri locali. È un successone! Ci offrono da bere, ci facciamo uno spuntino e poi veniamo invitati ad una cena, in un ristorante di Viana, un paesino a una quindicina di chilometri.
Accettiamo. Facciamo una volata in albergo e poi torniamo.
La tentazione è forte...

E, del resto, uno sbirro è uno sbirro...
Gli spagnoli non sono come noi: hanno orari diversi, più compatibili con la vita. Sono già le dieci passate e ancora non partiamo. Aspettiamo un prete, che arriverà in moto e che guiderà la nostra spedizione a Viana. Lì, prima di cenare, benedirà le nostre cavalcature. Uno si aspetterebbe un prete tipo don Camillo, magari sportivo, ma sempre un prete. Con una motociclettuccia, tipo 450, seicento al massimo. Invece Benjamin, El Cura, si presenta in sella ad una RT1200, con una mise da far invidia a tutti noi. È un uomo sulla cinquantina, atletico, giovanile, che apre il gas senza paura e che piega sull’asfalto bagnato della Castilla y Leon, parcheggiando poi sul cavalletto centrale e tirando fuori, dal bauletto, una stola con simboli ecclesiastici e motoristici, l’acquasantiera e l’aspersorio. La preghiera è in spagnolo, ma ormai la mia conoscenza con la lingua locale mi consente anche di rispondere secondo fede. Vi dico che quando è toccato a me mi sono sentito riscaldato. Non entro nel merito, ma El Cura è simpaticissimo. La moto del presidente, Angel, si prende tutta l’acqua santa residua. È l’ultima acqua che vediamo, perché a tavola tocca alla parte alcolica farla da padrona. Senza esagerare, però, perché la Guardia Civil è appostata ovunque con etilometri e radar. Qui, non si fanno sconti.

Alcuni dei nostri nuovi amici del moto Pincia...
L’indomani la festa si sposta a Valladolid, con la sfilata delle bandiere. Secondo alcuni, le moto a sfilare sarebbero 30mila. Io non lo so. So però che non avevo mai visto tanti motociclisti tutti insieme. La città li accoglie tutti con affetto e nessuno s’incazza se qualcuno apre il gas a tutto regime, in folle, o se il traffico della strada principale, il paseo de Zorrilla, resta chiuso per ore in attesa del passaggio della carovana su due ruote. Il centro città si riempie di giubbotti e stivali. I ristoranti sono pieni, i semafori brulicano di caschi. Mi perdo, in plaza de Zorrilla, e ritrovo Oscar solo dopo un paio d’ore. Dovrei solo attraversare una strada ma per farlo devo bucare una preferenziale e non riesco a violare la legge. Sarò fava?
La sfilata è aperta da el Cura Benjamin, che fa sventolare la bandiera del Vaticano.
Un mito.
Mangiamo in una taperia del centro. È tutto squisito e Oscar sfoggia non solo una perfetta conoscenza dell’idioma locale, ma anche della sua cultura eno(ed ano)gastronomica. Sa tutto e ogni tapa che mi mette nel piatto migliora il mio rapporto con la vita.
Certo, mi sento un po’ in colpa per aver lasciato le mie Asics a casa e per aver abbandonato il controllo alimentare. Soffro per quasi dieci secondi prima di cacciare il rimorso dalla mia psiche, passando da un fanculo all’abbandono più totale.
Così torniamo al recinto dei pinguini, a Ponte Duero, ancora una volta affamati soprattutto di vita allo stato brado. Certo, non siamo selvaggi come molti altri. Forse sarà colpa dei tanti servizi di ordine pubblico, dei trascorsi poco fortunati da campeggiatore, della vita comoda che ci piace fare… Ognuno viva come meglio crede. Io preferisco la vita brada finché ho forza. Me ne lascio un po’ (di forza) per saltare in sella e tornare in albergo, farmi una doccia e rinvigorirmi nel sonno.
A proposito: sia lodato l’inventore dei tappi. Oscar ronfa come una segheria industriale. E scalcia, come un mulo incazzato...
Non appena rientriamo a Ponte Duero, riprovo a chiamare il Bubi. Stavolta mi risponde: è sobrio!!!
L'incontro con Bubi, homo agricolus motociclisticus
Arriva incespicando nella polvere, vestito più come un boscaiolo che come un biker. Ci prende per mano e ci accompagna a casa Italia, dove un manipolo di toscani e romagnoli hanno piantato le loro tende. Molti di loro appartengono al moto club Allodola, di Pontassieve.
Un immagine del capo base delle Allodole. Da notare il cartello "bar aperto"
È l’inizio di una lunga serata. Bevo anch’io, ma mi fermo in tempo. Mangio come un lupo, assaggio specialità di tutta l’Iberia, sorseggio birra, vino e il famoso carajillo, bevanda che combina caffè con un superalcolico, normalmente aguardiente, brandy o rum. Oscar adora la versione col rum…
Tutta questa ingordigia la manifesto al campo del Pincia, dove ci sono ormai un centinaio di persone. Molte ci avvicinano per avere un gadget della polizia italiana. Ne avevo portato qualcuno, ma li abbiamo regalati ai primi che abbiamo incontrato e dobbiamo promettere a tutti che invieremo loro un ricordino appena rientrati in Italia. Lo faremo. Intanto al campo arrivano anche l’Andrilli e il Gallo, che in perfetto toscanos riescono ad ablar espanol e ottenere così la fiducia degli sbirri locali. È una seratona. Forse, l’ultima passata così, risale al capodanno ’88. Ero in montagna, a casa di un amico. Fu una serata speciale. Per un falò immenso, per la ciccia arrostita, per il vinello che mi inebriava, per una gioventù che esplodeva dentro e fuori. Sfoggiamo, io e Oscar, i nostri due boccali pinguineri che, una volta tornati a casa, faremo personalizzare coi nostri nomi...
La moto rende tutti uguali: qui si parla di macroeconomia e fisica quantistica...
Il boccale pinguinero non è da tutti.
La faccio poco lunga.
Conosciamo un papà e suo figlio, 12enne: Orazio il primo e Diego il secondo. Cercano dove si mangia il brodo pinguinero e ci raccontano delle loro imprese in giro per l’Europa. Non so chi invidiare di più: il babbo, per avere un figlio che lo segue con tanto amore, o il figlio, che ha un babbo motero con cui scorrazzare per il globo…
All’una del mattino io sono già tornato sobrio. Dribbliamo un paio di posti di controllo e rientriamo in albergo alle due e qualcosa. L’indomani è la giornata finale.
Premieranno Agostini, 16 volte campione del mondo, imbattutto. Una giapponesina dalla voce stridula estrae i numeri e quando finisce prima mangiamo un bel panino col lomo e poi torniamo a Campo Pincia.
Si mangia, ci si raccontano le cose più strane, si fraternizza. Si parla di bungabunga e del Pinguinos 2012. Conosciamo tifosi di Valentino, parliamo di Lorenzo e di Biaggi, di Dani e Gibernau. Poi arriva una pattuglia della Policia e una della Guardia Civil.
Per ringraziare il moto club della fantastica ospitalità, decidiamo di iscriverci. El Presidente vorrebbe associarci ad honorem, ma noi no: vogliamo pagare la quota ed essere moteros ibericos. Ok, saremo moteros immigrati, ma siamo brava gente no?
Abbracciamo i nostri nuovi fratelli di gas e dopo una bella doccia visitiamo come si deve la splendida Valladolid, patria dei motard di tutte le razze.
In posa con el Presidente. Un onore che non tocca a tutti!
Mangiare pasta e fagioli sul culo della mukka non ha prezzo. Per tutto il resto c'è Mastercard...

L'immancabile foto di gruppo del Pincia!
Valladolid by night è davvero fascinosa. verso le dieci e mezzo la città, che fino a quel momento era rimasta praticamente deserta, si anima di nuovo. Ci sono ragazze bellissime che ancheggiano frettolose, mentre dei biker non c’è praticamente più traccia. Ci abbandoniamo a qualche spuntino qua e là, attirando – ora sì – la curiosità di molte persone. Siete pinguineros? Che soddisfazione è stata questa. Sotto una pioggerellina fine fine scattiamo qualche foto ai monumenti, sognando già il ritorno dell’anno successivo, convincendoci reciprocamente che anche le nostre dolci metà potranno, la prossima volta, condividere l’esperienza. Sarà il vinello, sarà la birra… Mi sembra impossibile averlo pensato. Il sogno si infrangerà al ritorno, quando spiego alla Raffa che l’anno dopo verrà con me. Schiocca la lingua e mi manda affanculo…
Mangiamo trippa calda piccante, che qui si chiama callo e poi prepariamo le valigie. Torniamo verso Barcellona…
Plaza Mayor. Uno splendore...
El callo. Da noi si chiama trippa, ma qui sembra più buona...

3 commenti:

  1. ..È una specie di migrazione, come quelle che fanno certe testuggini quando vanno a deporre le uova, attraversando oceani e tempeste per andare in un certo insignificante punto – almeno a prima vista – del pianeta...ti sei fatto roba bona eehhh!!!

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  2. @Carlo: questo s'è fatto: "Mangio come un lupo, assaggio specialità di tutta l’Iberia, sorseggio birra, vino e il famoso carajillo, bevanda che combina caffè con un superalcolico, normalmente aguardiente, brandy o rum. Oscar adora la versione col rum… "!!!

    @Lorenzo: ce l'hai una foto del prete in moto? Vorrei farla vedere a mio zietto prete di settant'anni, che fino a venti-venticinque anni fa girava in moto anche lui. Grazie. SilviaF

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