domenica 24 giugno 2012

Il mistero in una pietra


"...Non! Je ne regrette rien... C'est payé, balayé, oublié, Je me fous du passé..."
Edith Piaf, "Non, je ne regrette rien" (1960) 

Sailing stone?
Chi mai potrebbe lasciare un bel sassone di fiume levigato, sul contachilometri della mukka? Dico... E' una minaccia? Voleva forse intimorirmi chi ha dolcemente appoggiato una pietra ovale, del peso di tre o quattrocento grammi, sul preziosissimo cruscotto della moto? Non lo so, ma non credo. Confesso che quando me ne sono accorto, stavo quasi per fare il danno: se avessi ruotato il manubrio, ho pensato, l'allineamento del forcellone avrebbe fatto rotolare quel pietrone nel vuoto dell'avantreno, sarebbe precipitato pesante sul parafango, lo avrebbe distrutto e il cerchione si sarebbe piegato.
Poi ho fatto quello che faccio sempre (in ritardo): ho collegato il cervello e ho capito.
No! Non avrei mai potuto ruotare il manubrio in senso antiorario, fino a quando non avessi inserito la chiave per sbloccare la serratura. 
E' un messaggio, un segno. Per lei, penso... 
Ma segno di cosa?
La prima volta che ho visitato Parigi lasciai un sassolino sulla tomba di Edith Piaf. Conobbi la sua storia   solo quando lessi dell'amore della sua vita, il pugile Marcel Cerdan, ma quel sassolino posato sulla lapide del cimitero di Père-Lachaise mi lasciò un vizio: lasciarne altri.
E scoprii che forse quel vizio lo avevo già. Sul Croce dei Colli feci un mucchietto di pietre, per ricordare qualcuno. Ricordo solo mio, questo.
Prima di arrivare a quel parcheggio mi ero un pochino ingarellato con un ragazzotto sbruffoncello in sella a un'Honda 600 con bauletto (bleah!!!) e doppia Arrows, con scarpa da ginnastica e giubbotto in goretex, con guanti e casco da corsa, visiera scura. 
Per andare andava forte... sul rettilineo... Così per me è stato facile riprenderlo a ogni curva e solo quando ho capito che ce la stava mettendo tutta per non farmi passare ho strappato il rumore continuo della velocità media che mi ero intestardito a tenere sulla via di Rosano, bucandolo in curva e seminandolo in poche pieghe, tutto sommato divertenti.
Anche per via delle gomme nuove.
Il misterioso (ma non troppo agile) hondista si è preso parecchia strada, troppa per essere uno che si vuole ingarellare con un bicilindrico, ma mai avrei pensato che si sarebbe offeso... Dico offeso, perché quando poi ho sbagliato percorso e sono tornato indietro, un parsec più tardi, l'ho visto che mi veniva incontro e allora ho alzato due dita della mano sinistra per salutarlo, ma lui niente. Immagino che il suo faccione ignoto sia rimasto immobile dentro quel casco, anche se sono pronto a scommettere che i suoi occhi si sono mossi eccome, verso sinistra, verso di me... 
Sopra il suo capoccione incassato, immagino un nugolo di parolacce, che hanno preso forma come quei disegni sui fumetti, anzi no, come un geroglifico egizio vecchio di tremila anni rimasto incomprensibile fino a quando un glottologo americano, Reinhold Aman, ne ha svelato l'arcano.

"Che tu possa essere fottuto da un asino"
Che sia stato lui? 
Ma allora, perché non prendere una chiave e incidere un bel fallo sul serbatoio?
Secondo me la pietra ovale di fiume, vecchia di svariati millenni, deve essere stata lasciata lì per una specie di saluto. Non a me, a lei, alla mia bellissima amica, che senza il suo cavallettone centrale sembra anche più graziosa, inclinata sul lato come solo una docile mucca chianina riesce a fare, adagiata su un prato verdissimo di Toscana, per una volta lontana da fastidiose mosche e antipatiche deiezioni.
Ho fatto una strada, in Norvegia, che era piena di cumuli di pietra. Si chiamava la Trollstigen, la strada dei Trolls, nel centro del Romsdal, circondata da montagne enormi che portano dei nomi mitologici: Kongen (il Re), Dronningen (la Regina) e Bispen (il Vescovo), mi osservavano mentre la moto ondeggiava tra un tornante e l'altro e non potrò mai dimenticare quel senso di energia che si sprigionava da quei cumuli di sasso. Ce n'erano di tutti i tipi: alti, bassi, grassi, magri. Come gli uomini, come le donne, come i trolls che popolano quelle terre.
Se ne leggono descrizioni incredibili e a sentire ciò che dicono di loro, uscirebbero al tramonto per tormentare gli umani padroni del giorno. E io, che credo poco a "poco o nulla", me ne allontanai con qualche inquietudine di troppo. Fortuna che d'estate, lassù, il sole non tramonta mai.
I cumuli di pietra li farebbero loro e quelli che fanno gli umani sono comunque ispirati da loro e ce ne sono così tanti che si perde l'orientamento.
Oppure, la pietra che ho trovato è una sailing stone?

Ciao, sono Karen... Sono un blocco di Dolomite che vaga nella Death Valley...
Per gli alchemici la pietra è la perfezione, è simbolo di integrità spirituale, mentale e morale e quindi...
Quindi grazie.
Se voleva minacciarmi, mi avrebbe fatto trovare una bella testa di cavallo nel letto...

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1 commento:

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