venerdì 7 ottobre 2011

Quando i cilindri non vanno...

La mia mukkina gialla..
La prima volta che l’ho vista stavo correndo verso il Muraglione, tornando a casa da Forlì.
Inverno.
Era di sicuro inverno perché ricordo che ero coperto di pelle da capo a piedi e, giusto ai piedi, avevo gli stivali massicci.
Era l'inverno del 2007:  le mani erano intirizzite ma la mia mukkina gialla non aveva gli optional che si meritava e che avrei voluto avere io... Colpa di Augusto, forse, che da biemmevuista della prima ora scherniva chi comprava una di quelle bestie per esibire uno status

Aveva l’Abs, sì, ma niente più. Qualche invidioso, quando passavo con lei, la chiamava plasticona, riprendendo un tormentone e leitmotiv da forum becero… 
Il mio amico Simone lo faceva solo per farmi incazzare.
Comunque, sapevo che da qualche giorno era arrivata sulla terra anche Lei e così, pur restando affiatatissimo alla mukkina, avevo in testa una specie di chiodo fisso.
Del tipo: arriva la regina, arriva la regina!!! 
Potresti essere anche con la donna più bella del mondo, o la migliore, ma la lasci lì come una pera cotta perché devi andare a vedere la regina…
Diventi plebeo dentro, da Pomeriggio sul due o Verissimo, ed è lì che fai sentire la regina una divinità: è in questi frangenti che emerge tutta la nostra pochezza…
Il chiodo fisso sembrava non abbandonarmi più, nemmeno quando raggiungevo punte d’intimità altissime, con la mukkina, e riuscivo a disegnare curve perfette, traiettorie millimetriche, lunghe impennate secondine (non perché galeotte)…
Esattamente come in quel primo pomeriggio di fine inverno 2007.
Marzo, forse già aprile…
Se parlo così, c’è un motivo.
La moto non è una cosa inanimata: un’anima ce l’ha di sicuro…
A volte la vedi perché si mostra a te, e se ciò accade vuol dire che ti ama.
Altre volte no, e qui le cose vanno già malino.
È capitato anche, e tutti noi motociclisti ne siamo certi, che ogni tanto qualche moto la cui anima innamorata sia stata profondamente offesa del suo cavaliere errante, si ribelli a lui e decida di farla finita.
Sono pochi i motociclisti che diranno il contrario: tutti abbiamo sentito il ferro contorcersi, inaspettatamente, fino a disarcionarti.
A me successe qualche giorno prima di una data importante, mentre mi scapicollavo giù dal Falzarego, verso Cortina. Sorpassai con aria di sufficienza Marco e Rino, maltrattando eccessivamente la mia mukkina a forza di seconde allungate allo stremo, e poco prima di imboccare un tornante a sinistra sentii chiaramente che una forza misteriosa, animata da una volontà propria, riportò la moto dritta come se volesse metterla sul cavalletto centrale e poi mi trovai a terra in un bel prato verde.
Imbizzarita…
Ho torto a pensarlo?
Qualche giorno dopo dovevo sposarmi… non sarà stata mica gelosa? Beh… al matrimonio mi presentai con lei e ritenni di aver pareggiato il conto…
Uff...
La volevo così, perché era così che la sognavo...
Torniamo al Muraglione, nel tardo inverno del 2007.
La curva mia era verso destra, la prima di una serie di “esse” che si succedevano a fiamma.
E proprio come accade nel momento clou di un grande concerto, ecco sbucare la star: si mostrò dietro la silhouette anteriore di un Giesse. Bianco: di bianchi non ne avevo ancora visti. E largo, larghissimo, rispetto alla mia piccolina, con due fari di profondità allo xeno incastonati in un castello di tubi da far sembrare quella moto un prototipo di carro armato.
Nello stesso tempo aveva un’agilità tale da fare impressione.
Ecco. Fu a quel punto che potei sentire distintamente un grido di rabbia levarsi vibrante e gutturale da dove avrei dovuto percepire solo il rombo del motore. La seconda prese giri, proprio dove avrebbe dovuto averne meno, e riuscii ad evitare un paracarro solo per un pelo.
Lo aveva sentito? Due anni dopo il matrimonio tornai a subire la stessa identica forza rabbiosa.
Sì, oggi credo di poterlo dire… la mukkina si era arrabbiata e decise che non mi voleva più. Decise, e forse aveva ragione, che non meritavo la sua geometria perfetta, la sua elettronica dolce e il suo incondizionato e fedele amore.
Pochi mesi dopo, un vecchio maresciallo dell’esercito mi centrò in pieno mentre tornavo a casa. Lei finì la sua breve vita sulla fiancata della Seat Toledo del sottufficiale in congedo e io, ancora una volta vivo per un soffio, pagai un prezzo niente male…

Le moto sono strane. Hanno un'anima, ma non parlano. E a volte stanno in piedi anche da morte...
Eh si, il segno me lo ha lasciato.
Si chiama acufene e ogni istante della mia vita è lì a ricordarmi che proprio quando sei convinto di una cosa, essa si sbriciola, si dissolve e lascia solo l’ombra di sé.
Però, quel Giessone bianco io non me lo sono più scordato.
Così, con la faccia ancora cucita di punti e le immancabili stampelle, andai mezzo rintontito in via Stradivari, a Firenze, e sedutomi con la dignità di un generale mutilato della guerra di Secessione che non vuol smettere di cavalcare per guidare la carica e allora vorrebbe un calessino per il trotto, formulai la mia richiesta…
Marco, il venditore, stava lì ad ascoltare la mia confessione e poi, colto da compassione, girò il monitor sul proprio asse e mise lo schermo davanti alla mia faccia devastata: c’era lei.
Apparizione?
Era come la immaginavo: bauli, traversino, fari supplementari. Altissima e possente, come un carro Lince.
La prendo, e tirai fuori un bell’assegnino con l’acconto.
Mi ci portarono Oscar e Ariela a ritirarla, la settimana successiva.
Era il 13 settembre 2007 e ricordo che mi guardavano emozionati dalla strada mentre io, nel piazzale di sotto, giravo attorno alla mukka dei miei sogni finalmente apparsa, come se fosse stata la Vergine Maria nella grotta di Lourdes…
Bernadette, Bernadette!!!
Il rombo del motore, già mistificato dal tubo dell’Akrapovich, mi strappò alla fantasia dei pensieri. Ci salii sopra e corsi verso Forlì.
Mi viene in mente ora, mentre lo scrivo.
Sì, non può essere una coincidenza: andai subito a Forlì, facendo il Muraglione, e percorsi la serie di esse esattamente come mi era capitato di vederlo fare, quel pomeriggio di fine inverno, all’altra.
Quando il tarlo mi era entrato definitivamente nella capoccia…
Arrivai, la misi sul cavalletto e scesi orgoglioso.

Romantik Strasse, AD 2007
Avevo fatto 129 chilometri e il catalizzatore ticchettava ancora quando un amico mi chiese di fargli sentire il rombo. L’unico rumore che potei fargli ascoltare fu il click di un interruttore che non accendeva un cazzo di niente.
Piansi.
La ripresi il giorno dopo, alla Bmw di Forlì, ma non mi seppero spiegare cos’era successo. Pensai a una presenza demoniaca però rifiutai di parlarne con l'esorcista. Il sabato mattina la mukka aveva il contachilometri attestato sui 270 e parlai di lei proprio a Oscar mentre sorseggiavamo un bitterino (io) e un negroni (lui) nel dehor del Curtatone. Indossai il paraschiena, allacciai il casco, serrai le cerniere di giacca e guanti e poi le montai in sella.
Click.
Annotai sul calendario anche questa data: 15 settembre 2007. 
Ripiansi.
Si disse allora che la malattia era roba da nulla, tipo un filo dell’elettrocalamita che faceva massa sul tubo del telaio… l’inverno fu rigido e avevo ormai perso la fiducia nell’infallibilità del verbo che Lei, con la sua inconfondibile forma, rappresentava per me.
A primavera, un anno dopo l’apparizione del Muraglione dove, lo confesso, avevo pensato di erigere un cippo commemorativo, uscii dal letargo e cominciai a portarla a spasso.
Per partire, partiva, ma vibrava stranamente sul davanti.
La ruota era storta e diedero la colpa a me. Facile eh? Dovevo partire per la Russia, con la Raffa che aveva già programmato ogni minimo particolare dell’itinerario. E anche tra Lei e la Raffa non scoccò alcuna scintilla e, anzi, mia moglie mi guardava spesso con sguardo più che compassionevole...

Estonia, confine con la Lettonia
Non potevano curarla, perché la lista d’attesa era troppo lunga e allora provai un viaggio della speranza a Pistoia. Non andai da mamma Ebe, ma la competenza di chi sostituì la ruota era sicuramente inferiore anche a quella della santona di Carpineta.
Perché la ruota la cambiarono, ma non regolarono i dischi e la vibrazione tornò. Anzi, aumentò.
A volte poi, quando avviavo il boxer, il cilindro destro abbaiava così forte che il corpo farfallato espelleva l’iniettore e io lo dovevo ricacciare dentro come avevo visto fare in tivvù ai meccanici della Parigi Dakar, quando la Parigi Dakar era la Parigi Dakar…
Dentro di me crebbe il conflitto interiore.
Era bella, ma oltre il suo profilo di incredibile perfezione, cosa c’era?
Tirava delle curve perfette, il motore prendeva da far paura, ma…
Ma...?
Mah!
Entrai a Łomża, una piccola cittadina della Polonia nord orientale, a 150 chilometri da Varsavia e un’ottantina da Bialystok, la mattina del 15 giugno 2008. Ero tornato a guardarla come un aborigeno australiano ammira Uluru, che gli invasori europei chiamano Ayers Rock, ma la mia devozione fu rimessa a dura prova al riavvio dopo un rifornimento.
Mi salvò Max, un meccanico locale di belve giapponesi, che comprò una fascetta a vite in una lurida mesticheria e senza nemmeno farmela pagare mi rimise amorevolmente sulla strada di Varsavia, colto da pietas e mosso da caritas.

Sorriso forzato... tra poco piango...
Ma a Varsavia la forcella davanti vibrava così forte da sembrare epilettica.
E poi a Vilnius.
E poi a Riga.
E poi a Tallin.
E poi a Carmignano.
E poi a Firenze.
Ogni volta che uscivo da un’officina, ogni volta che tornavo a sperare rigenerato dalla stessa speranza, ogni volta che assaggiavo l’ebbrezza dell’affidabilità (dai Gas, stavolta funziona!), sul piccolo display della mia vita in sella appariva una luce gialla lampeggiante. E nelle orecchie, già devastate dal fischio una sirena insistente e assordante.
System Failure
Non mi rimase altro da fare che sedermi, fermarmi e pensare.
Dietro il candore di una vernice bianca di perfezione, sotto la sella rossa di amore per l'oggetto del mio desiderio più recondito, dietro l’abbraccio violento di manubrio sabbiato e bellissimo, non restava mai niente oltre all’attimo stesso in cui quella strana chimica si avviluppava attorno a tutti i miei sensi.
Era solo un attimo, però.
Pensai che fosse il destino di ogni motore boxer e del movimento opposto che muove i due cilindri di quel genere, sempre orizzontali, perennemente contrapposti.
La riportai in via Stradivari il pomeriggio del 25 luglio 2008, con il fuoco che usciva dallo scarico.
Nessuno mi ha saputo spiegare cosa sia successo.
O perché.
Le stavo sul cazzo? O lo spettro della mia adorata mukkina, errante, cercava di dirmi che forse avrei dovuto trapassare con lei?
Chi la comprò, dopo, giura che si tratta del mezzo più affidabile mai cavalcato.
Roba da finire in analisi. 

One more thing...?


Copyright © Lorenzo Borselli tutti i diritti riservati

30 commenti:

  1. al solito non ho capito niente ma il finale è bellissimo :-) posso chiamarti?

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  2. Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova!

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  3. Magari quel che trova non gli piace, o lo delude...

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  4. "Chi non risica non rosica..."

    Ma forse quello che temi di più è di "cadere dalla padella alla brace"

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  5. No. Nessuna brace, perché la mukka che mi sono preso dopo va che una meraviglia. A volte, però, è dell'apparizione che si deve diffidare. A volte dico...

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  6. Il pericolo è se la tua cosiddetta "apparizione" si trasforma in una crisi mistica...

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  7. Oh anonimo! Io parlo di una moto difettosa! L'avrò romanzata finché vuoi, ma che era difettosa l'ho capito da un pezzo...

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  8. Difettosa con me, ovviamente... quindi il difetto dipendeva da me...

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  9. Sarà! Concedimi solo l'ultimo proverbio "donne e motori, gioe e dolori"...oppure è il contrario?!

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  10. La verità, su questa accoppiata, sta probabilmente in una foto pubblicata su "sorpassi"... foto di mezzo... Circostanze di luogo e di tempo, credo... Un po' come in quella foto... Quella donna non è mica sempre così. Le motivazioni che la spingono sono quelle dell'apparire. E forse la moto le assomiglia più di quanto non si creda... a volte mulier a volte muliercula... A volte superbike a volte carretta. Eppure è la stessa persona. Eppure, è la stessa moto.

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  11. Non credo che quella donna, e non solo quella, lo faccia per apparire. Quello è il suo essere. Non sarà sempre così, ma è comunque parte di lei. Ed è quello che fa la differenza. Il poter scegliere per se stessa. Il poter pensare. Il poter capire.
    La moto non può. La moto avrà anche un'anima ma non ha un cervello...

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  12. Peccato...
    Per la moto dico...
    Ma tu chi sei?

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  13. Sono una persona che è capace di pensare, di capire e di scegliere.
    Sono una persona che usa il cervello.
    Senza presunzione.

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  14. Potremmo trascorrere giorni a discutere sulla presunzione. Comunque grazie per il tuo contributo.

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  15. Non occorrono giorni. La presunzione che ho è quella che tu non abbia capito chi sono :-)

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  16. E comunque, non farsi riconoscere con uno che si presenta ad ogni post, ne converrai, non è mica tanto educato... :-)

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  17. Convengo, convengo! E ti chiedo scusa.
    Credevo che tu riuscissi a riconoscermi.
    Ad ogni modo ci conosciamo. Molto bene.
    Senza presunzione.
    Ti confesso che attendo con fiducia la prossima rubrica che dedicherai ai tuoi amici...magari riuscirò finalmente a leggermi.
    Anche solo fra le righe :-)

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  18. Meglio tardi che mai...

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  19. E come hai fatto, di grazia, a trovare questo blog? Sei tornata su questo pianeta?

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  20. Chi cerca, trova! Ed io sapevo bene cosa cercare: la passione per la scrittura unita a quella per la moto...
    Ma per chi sa leggere oltre le righe dentro a questo blog c'è molto di più...qui dentro c'è la vita, qui dentro c'è Gas!
    Comunque non sono tornata sul tuo pianeta, lì non ci torno più.
    Preferisco la mia dimensione...più libera e privilegiata...

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  21. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  22. @Margherita: comunque, se mi scrivi, ti mando il cellulare.
    @Shurtugal: mi sa che sai leggere bene...

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  23. è tutta una questione di fiducia il fatto che le relazioni tra le cose e le persone, e tra le persone stesse, funzionino.
    quella bella signora appariscente, che ti stregò, commise l'unico errore, imperdonabile, di lasciarti a piedi alla prima uscita non ripartendo; forse per un corto circuito da troppa reciproca emozione di quella "prima volta" insieme tanto sognata..
    quando le cose cominciano male, si va di diffidenza e poi è difficile lasciarsi andare e godere della bellezza dell'incontro: c'è chi ci arriva con sospetto e chi, sentendosi sotto esame, ci arriva con l'ansia da prestazione (povera moto!!)..
    Ecco perchè a volte nuove "relazioni" sono salvifiche: perchè si riazzera tutto, davvero!
    ciao :)

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  24. Posso ripetere, Barbara, quel che ho scritto a Shurtugal? "mi sa che sai leggere bene".
    Certo che i dubbi, a questo punto, sono davvero più delle certezze...

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  25. ...non è facile leggere bene...
    Sabato mi sono messo ad ammirare la tua Mukka, ed è davvero bella.
    Poi"""POF!""" sparite le chiavi del mio Liberty.

    Gelosia?

    Paolo Jkt

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