sabato 31 dicembre 2016

Marocco 2016: e sei!!! Si torna a casa!

Viaggiò col cuore in gola accanto a un passeggero insolito: l’emozione sconosciuta del ritorno”

Mauro Corona

Ci siamo: è Casablanca! (© Elena Biondi e Luigi Tabellini)
"Play it, Sam... Play as time goes by..." È d'obbligo citare Ingrid Bergman nella sua struggente parte in Casablanca. Suonala Sam, suonala, mentre il tempo passa. Il tempo vola, fugit, e quando ci svegliamo al mattino, il calendario segna il primo maggio. È Casablanca.
Questo vuol dire una cosa sola. Togliamo le tende, perché l'ultima tappa comincia oggi.
Casablanca (الدار البيضاء), Dar El Baida o Ad-Dāru-l-Baydā, che in berbero vuol dire, indovinate un po', "la casa bianca".
Quando i portoghesi la costruirono, sulle rovine della città di Anfa, che loro stessi avevano distrutto, correva l'anno 1575 e forse non pensavano che attorno al perimetro da loro tracciato si sarebbe espansa una metropoli che conta oggi più di 4 milioni di abitanti, divenuta una delle città più grandi di tutto il continente africano. Certo, nulla in confronto ai 16 milioni di Lagos e ai 10 di Kinshasa e del Cairo, ma che si tratti di una città grande, lo si avverte dalla pressione del traffico attorno a noi. Appena messe in moto le mukke, partiamo tutti insieme dietro alla Cioccety Car, che ci porta fino alla grande Moschea di Hassan II, una delle più grandi di tutto il pianeta: la terza, per l'esattezza, dopo quella di Masjid al-Haram alla Mecca e quella del Profeta a Medina, entrambe in Arabia Saudita.
Il minareto, di sicuro, è il più alto del globo - 210 metri di altezza - e dalla sua vetta parte un raggio laser puntato dritto verso la Mecca.
Vorremmo fare un giro anche nella medina vecchia, l'unica cosa che le guide ci consigliano di visitare, ma è il primo maggio e anche in Marocco è festa nazionale del lavoro (si pronuncia "Aid a choghl"): le strade sono piene di gente in ferie, di veicoli di ogni tipo e tutte le arterie del centro, un centro grandissimo, sono transennate. C'è aria di manifestazione.
Così ci tratteniamo attorno alla grande moschea, chiusa. Chiusa per noi infedeli, ovviamente. Per i fedeli musulmani è aperta: aprono una porta di servizio di soppiatto e a noi non è concesso nemmeno di dare un'occhiata all'interno. Va bene: ci accontentiamo dell'esterno, che comunque non è male. Però rifletto: e mi dispiace che quando alcuni arabi bivaccano sulle gradinate delle nostre chiese e qualcuno fa notare l'irrispettosità del loro comportamento, i benpensanti di professione non perdono tempo a censurare l'iniziative di chi protesta.
Vabbè. 
Ve' che bello... (© Elena Biondi e Luigi Tabellini)
Ve' che bello 2 (© Elena Biondi e Luigi Tabellini)
Ve' che bello 3 - Il Ciccione e la sua bella (© Elena Biondi e Luigi Tabellini)
La facciata della Moschea (© Elena Biondi e Luigi Tabellini)
Quando finiamo il tour attorno a questa meraviglia, perché lo è, riaccendiamo i motori e proviamo ad uscire dalla città seguendo il GPS: dobbiamo farci 340 chilometri in direzione di Tangeri, dove abbiamo in programma di arrivare in serata. E qui c'è un piccolo intoppo, perché Casablanca è praticamente intasata: ogni volta che imbocchiamo una strada, ogni volta che chiediamo informazioni, finisce che qualcuno ci chiude la via con una transenna. Andiamo a destra, poi a sinistra, facciamo inversione a "u", rischiamo la vita a un incrocio per colpa, mi sembra del Bugiac o di Antonio...
Sì, Antonio, che a un certo punto ha deciso di fare Harakiri contro un camioncino che ci veniva incontro... Se la manovra per evitare la morte è stata frutto della sua abilità, allora è un asso della moto, tipo Marc Coma; se invece il botto è stato evitato per un colpo di fortuna, allora puoi vedere il culo di Antonio semplicemente scorrendo il mouse di seguito...

Antonio in giro per il mondo...
Comunque, ormai scoraggiati dalle difficoltà e per niente disposti, alla fine qualcuno del gruppo è riuscito a ottenere una guida nientepopodimeno che dalla polizia nazionale, ed a fornircela è stato un ufficiale del posto. Qui le ipotesi sono due:
  1. L'ufficiale di polizia, che probabilmente ci aveva visto passare tre o quattro volte, ha realizzato che stavamo "to go around incircles like the shit in the pipes..." e quindi, mosso a compassione, ci ha assegnato la scorta per trovare la via di Tangeri...
  2. L'ufficiale di polizia, che ha sicuramente parlato con Paolo, già famoso nel paese per il flirt nautico con lo sbirro marocchino distaccato a bordo della nostra nave durante il viaggio d'andata, ha deciso di fare un regalo al nostro Schützen e quindi, mosso da amorevole compassione, ci ha assegnato la scorta per trovare la via di Tangeri...
Un paio di minuti dopo, stiamo sfrecciando a tutta birra dietro a due RT della polizia a sirene spiegate. Ci siamo divertiti un sacco...

via da Casablanca (© Angela Tommasi)

Uno sbirro è uno sbirro (© Angela Tommasi)
Moroccan flags (© Elena Biondi & Luigi Tabellini)
Qui ci tocca fare un bel pezzo di autostrada: prima la A3, che percorriamo tranquilli fino alla periferia di Rabat, dove imbocchiamo la A1 e ci teniamo fuori dalla capitale del Marocco per arrivare il prima possibile a Tangeri, dove ci aspetta una visita alla grotta di Ercole. In Autostrada, registriamo l'unico intoppo del viaggio, quando il filo della frizione della Kappona di Antonio e Vania si rompe, facendo finire la loro tappa sulla jeep insieme al Ciocio.
Guida Ciocio eh!
Per Vania, è stato come cadere dalla padella nella brace... :-)))
Comunque, alla fine arriviamo alle porte di Tangeri, città che diede i natali, nel 1304, al grande esploratore Ibn Battuta, che qui crebbe e che da qui partì per i suoi emozionanti ed epici viaggi attorno al mondo di allora.
La parola Tangeri, secondo alcune versioni marocchine, deriverebbe da quello della bellissima moglie di Hercules, Tanjas: a me risulta che Ercole abbia avuto, tra una fatica e l'altra, due mogli, di cui una, Deianira (figlia del re di Calidone, città sullo stretto di Corinto) in questo mondo, e l'altra che si chiamava Ebe, coppiere degli dei, sull'Olimpo.
Vi tralascio qui la storia, molto romantica e tragica, di questi amori, ma della marocchina Tanjas ho trovato tracce solo in un sito marocchino (clicca qui).
Invece di Ercole, sappiamo quasi tutto.
O no?

"Ἡρακλῆς", in greco antico Heraklês, composto da "Ἥρα" (Era) e "κλέος", "gloria": letteralmente, "gloria di Era".
Poco prima di Cap Spartel troviamo le indicazioni per la grotta e praticamente senza perdere un minuto ci troviamo in un cunicolo che ci porta dalle viscere della terra alle sponde di un mare le cui correnti litigano tra Mediterraneo e Atlantico.
L'aria fredda, lo scopriamo presto, arriva da una fenditura della roccia da cui passano i raggi del sole, ormai basso, e che per effetto di tutta quella luce sembra un drappo su cui il disegnatore ha tracciato i contorni del continente africano, alla rovescia.

E' festa a Tangeri: tutti alle grotte! (© Angela Tommasi)
The group descends into the cave (© Angela Tommasi)

Africa in the Mirror of the Sea (© Elena Biondi & Luigi Tabellini)
La grotta vista da dentro una reflex (© Elena Biondi & Luigi Tabellini)
Credo che sia il momento di presentarvi le ultime due coppie di questo viaggio. La prima è composta da un pelatone piemontese di nome Piercarlo - Piercarlo Raiteri - e della sua moglie Pierangela Gardini, che tutti però chiamano Angela.
Il Piercarlo ha domato una GS1150 ADV e sembra intenzionato a volerle restare fedele, preferendo la ghisa alla plastica: sarà perché ha guidato treni per una vita intera?

Piercarlo e Angela sul passo di Tizi N'Tichka (تيزي نتيشكا). Non è che si vedano tanto neh...
Ci sono poi Sergio e Miranda, due ragazzacci anch'essi piemontesi... I due, nonostante dei pantaloni in stoffa super leggera a quadretti kenan, hanno dimostrato la stessa tenacia di tutti gli altri, viaggiando su una GS1200 nuova fiammante...

Sergio & Miranda while dinning...
Torniamo a noi: eravamo rimasti alle grotte di Ercole no?
Qui, le civiltà si uniscono...

Chi è più fashion? (© Angela Tommasi)
E se volete sapere cosa stiano contemplando due maschi adulti di due diverse culture, basta guardare oltre il muretto, verso l'oceano Atlantico, cercando di indovinare ove puntasse il loro sguardo.
Le onde di quell'immenso mare cullano un peschereccio marocchino, che strascica le reti sul fondale: potrebbe sembrare una cosa tranquilla, ma in realtà a bordo di quella piccola e apparentemente indifesa nave, si consuma un immenso dramma.

Fischermen at work (© Elena Biondi & Luigi Tabellini)
Il peschereccio che vedete ha appena steso una rete derivante, che di lì a poco sarà raccolta dal suo equipaggio e che porterà a bordo tonni e pesci spada ma anche tartarughe e squali. Questo sistema di pesca è stato bandito dall'ONU e dall'UE e il Marocco ha ricominciato a farne uso dal 2014, dopo alcuni anni di sospensione favoriti dai finanziamenti di USA e della stessa Europa. Finito il fiume di soldi, tutto sembra essere ricominciato come prima...
Comunque, parentesi ecologica a parte, riprendiamo le mukke e ci dirigiamo verso Tangeri, verso l'hotel Golden TulipAndalucia Golf.


Ops... (© Elena Biondi & Luigi Tabellini)
Appena arrivati, doccia e poi via subito verso il centro di Tangeri (طنجة). 
Nonostante sia la città più settentrionale del paese e nonostante ci si trovi ad appena 15 chilometri dalla costa andalusa, l'aria non è delle più occidentali. Il fascino, al contrario, è quello berbero: gente ospitale, casba incasinatissima, vicoli stretti e odori forti. Io, Angela, Paolo e Bruno ci fiondiamo nel pieno del centro, dividendoci solo per una passeggiata sulla costa, dopo esserci perduti lungo le mura del porto. C'è un sacco di gente che passeggia lungo l'avenue Mohammed VI, che fotografa, che guarda spensierata (almeno questa è l'impressione) il movimento frenetico che arriva dalle banchine di yacht e pescherecci. Il porto più grande si è ormai trasferito a Tangeri Med.
Ci affacciamo alla terrazza Borj al-Hajoui, con i vecchi cannoni puntati verso il mare aperto, e poi, dopo esserci riuniti ai due Schützen Paolo e al Bruno, decidiamo (io e Paolo) di affidarci alle cure di un tizio un po' particolare, che maneggia così bene carne, salse e pane azzimo, da convincerci a sedersi davanti a lui. Cediamo alle lusinghe del gusto, mentre Angela e Bruno ci guardano inorriditi.

Come si chiamava quello...??? (© Angela Tommasi)
Grazia, Graziella e ...? (© Angela Tommasi)
La flotta di pescherecci all'ormeggio (© Angela Tommasi)
L'avenue Mohammed VI (© Angela Tommasi)
Ed ecco le dolenti note. Non ho trovato una foto di Angela a Tangeri, anche se mi sembrava di averla fatta.
E' il nostro ultimo giorno insieme perché dopo la visita di Tangeri, finita la giornata, la mia bella ha dovuto portare a termine il tristissimo rito della valigia e poche ore più tardi, appena prima dell'alba, siamo in sella per l'ultima sgropponata africana. Alle 6 ci baciamo davanti all'aeroporto "Ibn Battuta" e alle 6 e 20, sulla chat del gruppo, appare l'immagine di un ATR42 della Royal Air Maroc, con destinazione Casablanca e poi Bologna. Provo a riaddormentarmi ma non c'è niente da fare.
Sarà lunga far passare un altro giorno in Africa senza Angela e poi la lunga navigazione fino a Genova, in camera con Paolo.

Royal Air Maroc, domestic flight to Casablanca
Mentre Angela sorvola il Mediterraneo, noi abbiamo ancora una giornata da dedicare all'Atlantico: meta di oggi è Asilah (أصيلة‎), una splendida cittadina portoghese eretta sulle vestigia di un antico porto fenicio, che nel corso del secolo scorso (il ventesimo) ha fatto parte, fino all'indipendenza del 1956, del cosiddetto Marocco Spagnolo.
Ci arriviamo dopo una veloce trasferta autostradale che ci riporta a sud per una quarantina di chilometri: pochi, ma sufficienti per incappare nell'ennesimo posto di controllo della Sûreté Nazionale...
I ragazzi in divisa sono in cima ad una salita, proprio su una rotonda, all'incrocio tra lo svincolo della N1 con la rampa d'accesso e di uscita del casello autostradale di Asilah, sulla A1.
Li vediamo e quando arriviamo, tutti in coda dietro la Ciociomobile, rispondiamo al saluto che uno di loro, che imbraccia un AK47, ci rivolge calorosamente.
L'altro, invece, sta dietro una moderna macchina fotografica: sicuramente vuole immortalare questo momento e infatti, nonostante il rumore del Cherokee del Ciocio, sentiamo distintamente l'uomo-mitra che grida "ننظر إلى الطائر الصغير!", che in arabo vuol dire "Guardate l'uccellino!!!".
Ciocio scende subito e va a ringraziare gli amici della cortesia e quando li saluta, anche per noi, ci mostra la ricevuta che ci servirà per ritirare l'omaggio dal fotografo!
Che bello, non vedo l'ora!!!

Ciocio parla con l'amico della Sûreté
"E' tutto a posto, raga! Ho la ricevuta, possiamo andare!"
Entrando in città si ha l'impressione di essere stati teletrasportati in un'isola greca: le case bianchissime si accoppiano col blu intenso del mare e quello turchese del cielo, che poi riprende la vernice con cui gli abitanti di questa splendida perla hanno contornato le finestre e le inferriate. Le stradine lastricate, i vicoli affascinanti, le terrazze sull'oceano e i dehors dei caffè sempre affollati riempiono i nostri occhi. mentre passeggiamo lungo i bastioni del XIV secolo. Ci soffermiamo praticamente davanti a ogni porta, ci tratteniamo a lungo nella Medina e ci scopriamo tutti esperti di architettura disquisendo sulla natura arabesca o andalusa degli edifici. Non è un vezzo solo nostro: qui, da più di trent'anni (dal 1978), ha luogo un importante festival artistico, uno dei più famosi del continente, l'International Cultural Moussem of Asilah, un vero laboratorio artistico e culturale che richiama in città più di trecentomila artisti da tutto il mondo, che si alternano nella decorazione dei muri delle case con bellissimi murales.
Appena dopo le antiche mura e qualche bastione di roccia, partono verso Tangeri e verso Agadir due lunghe strisce di sabbia, dove, tanto per cambiare, vediamo il solito occidentale capellone, bruciacchiato dal sole, che cammina portando a spalla una tavola da surf vintage. Manca solo il furgone della Volkswagen.
Giudicate un po' voi...

Murales... (© Elena Biondi e Luigi Tabellini)
Murales 2, (© Elena Biondi e Luigi Tabellini)
Asilah, bellissima (© Elena Biondi e Luigi Tabellini)
Women
and men...
Un mosaico per tagliar corto... (© Elena Biondi e Luigi Tabellini) 
Esto, soy yo. El Lado Oscuro es ovunque
Lasciata Asilah, rientriamo verso Tangeri, ma prima di passare per l'hotel a riprendere le nostre cose, ci regaliamo un ultimo momento di relax culinario (siamo iperfagici, non c'è dubbio...) in un ristorantino a Cap Spartel (رأس سبارطيل).
Siamo a una quindicina di chilometri scarsi ad ovest della città, sull'estremità nord-occidentale della costa africana sull'Atlantico. Che questo luogo sia un ritrovo popolare, non c'è dubbio. Tuttavia, ci dicono che le spiagge, raggiungibili a piedi, sono tranquillissime anche in piena stagione estiva e, anzi, non è affatto difficile scovare luoghi direttamente sul mare dove si possa restare assolutamente soli tutto il giorno.
Pranziamo al Café Restaurant Cap Spartel e dopo, lungo una litoranea tutta in quota, riprendiamo le valigie all'Hotel e prendiamo la strada del porto.

Cap Spartel (© Gas)
Mukke e Carotoni (© Gas)
Oltre l'orizzonte, l'Europa (© Gas)
Quello che segue è l'epilogo. Ci riuniamo, ripartiamo, ci dividiamo di nuovo. Io resto un po' da solo, come il vecchio Jan (che la rivisitazione ufficiale ha ribattezzato Han) e mi soffermo ad ogni curva per fotografare le splendide anse che la N1 disegna sui costoni della penisola.
Senza cadere in retorica e luoghi comuni, dico che mi dispiace e basta.
Perché le vacanze non dovrebbero finire mai.

Alone... 
Selfie di gruppo sulla nave...
Ecco. Dunque sono arrivato all'epilogo. Vi dico subito che a questo ultimo post del viaggio ne seguirà uno dedicato al nostro accompagnatore. Non avevo mai viaggiato in gruppo né avevo mai compiuto un viaggio organizzato e quella che credevo una certezza unica e granitica (soli è meglio), si è infranta nel sorriso melanconico del Ciocio. Lui ha fatto la differenza. Non sempre e non tutti possono dedicare settimane e mesi alla preparazione ed alla pianificazione di un viaggio. Non tutti possono permettersi di andare alla ventura. Ciocio ci ha consegnato un viaggio dicendoci: questa è la strada. Fate attenzione, dovete arrivare in questo punto. E state tranquilli, "che io sto dietro". L'unica parte del suo discorso che mi ha fatto preoccupare.

Greetings from Tanger Med






© Lorenzo Borselli - All Rights reserved




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