sabato 14 aprile 2018

Tunisia 2018: prologo

“Du ciel devenu son empire , Son génie a percé les vastes profondeurs ; Mais il régne encor sur nos cœurs , Et nous l'aimons autant que l'Univers l'admire.”
Michel de Cubières, 1779

Chebika (الشبيكة), coordinate 34.322388, 7.926368. 
Non mi è mai piaciuto cominciare dall’inizio. Sarà la mia avversione alle imposizioni della consuetudine (i giornalisti devono sempre cominciare dalla notizia) o l’amore che ho nell’essere anticonformista. Non so. Dunque, comincio da qui, da Chebika.

Chebika è in Tunisia e siamo diretti a Redeyef (in arabo: رديف), una piccola e scalcinata città nel governatorato di Gafsa, più o meno al centro della Tunisia, a un pugno di chilometri dalla frontiera con l'impenetrabile Algeria.
Ci siamo arrivati compiendo un largo giro da Tozeur, attraversando un deserto di sale, arrampicandoci tra le sinuosità delle oasi di Chebika, ai cui confini si staglia la carcassa arrugginita di un vecchio camion da cava.
Siamo qui, nel Sahara, insieme a un gruppo di moto che scoppiettano nella primavera magrebina, con le contraddizioni di un paese ospitale,  lontano un braccio di mare dalla nostra Italia ma distante anni luce  dalla nostra civiltà.
Non cerchiamo niente in particolare. Il Molinari andava cercando il set di Guerre Stellari, che oggi chiamano tutti "Star Wars", quello del pianeta Tatooine, dove Luke guardava malinconico i due soli che tramontavano, dopo aver scoperto che gli assaltatori dell’Impero avevano ucciso gli zii Owen e Beru. Io cercavo solo la fuga di Han Solo, con la principessa Leila seduta a cassetta, ma da quando ho visto che il figlio Kylo Ren lo trafigge con un’affilatissima spada laser, la figura di Han ha decisamente perso, per me, l’attrattiva di un tempo.
Di sicuro siamo tutti dietro all’itinerario di Ciocio, il vecchio amico che in sella ha praticamente percorso tutto il mondo e che ora vive qui.
Come sempre, tutto comincia con una telefonata di Paolo. La chat si riaccende e pian piano l’idea prende forma. Arriva la mail con l’itinerario, arrivano i dettagli e arriva anche il 10 di marzo, un marzo freddissimo. 
L’inizio sarebbe questo, ma come ho già detto, mi piace fare le cose alla rovescia…
Dunque, vediamo di raccontare qualcosa di questo affascinante viaggio.
Perché partire da Redeyef e non cominciare il racconto, che ne so, da Tozeur, dove passano i treni cantati da Battiato? La risposta è in questa foto...

Redayef: l'arte muraria qui è lo specchio di chi ci abita. 
Vittorio Sgarbi ci direbbe di studiare ed avrebbe ragione. Mi sono incuriosito, perché ho trovato strano, in un paese islamico, vedere un qualche esempio di arte figurativa: è vero che il Corano non vieta la raffigurazione tout-court, ma solo lo scandalo e l’eccesso che conseguono l’adorazione di fronte a un simulacro diverso da Dio. Nell’Islam sono proibite le figurazioni devozionali, ma - oggettivamente - io non ho mai visto un quadro di un qualche artista arabo che raffigurasse, che so, scene di battaglie, di vita o ritratti. Solo mosaici.
Qui no: "Blood and Gold", che vuol dire? 
Così, quando siamo finalmente arrivati a Redeyef, ho parlato con un uomo del posto e mi ha detto che qui tira aria cattiva da tempo. Perché? "Chomage", ha detto lui. Disoccupazione.
Il fallimento della Primavera Araba, che a Tunisi iniziò per tutto il Magreb col suicidio di Mohamed Bouazizi, l'attivista che si diede fuoco agli inizi del 2011, è un fatto, come un fatto è che i disordini a  Redeyef erano cominciati fin dal 2008, più laici che altrove e per questo, decisamente più simpatici.
Anche Jan Palach si diede fuoco un giorno di gennaio del 1969, in piazza Venceslao, a Praga, dando il via all'omonima Primavera: quindi, perché non crederci?
Noi occidentali, pensammo che con la reazione a catena scaturita dalla Tunisia, cui seguirono Egitto,  Libia (qui con un nell'aiutino francese che pare volesse coprire le proprie magagne) Yemen e Siria, ci avrebbe alla fine consegnato un nuovo modello con cui confrontarsi, laico, lontano da Al Qaeda e al tempo stesso lontano dai dittatori. 
Invece no: in Egitto comandano i militari di Al Sissi, più duri di Mubarak, in Yemen infuria una guerra civile fra il governo centrale e i ribelli sciiti houthi (Iran e Arabia Saudita hanno qui il loro fronte...), in Libia ci sono più Gheddaffi di prima e in Siria si fanno le prove generali della terza guerra mondiale.
E in Tunisia? Pare che oggi, la gran parte della gente vorrebbe indietro il vecchio regime, rappresentato da quel Ben Ali che governava col sistema del mangiare e dare agli altri da mangiare. Oggi, ognuno per sé e Allah per tutti...
Noi, andiamo eh...




Lorenzo Borselli © 2018 Tutti i diritti riservati








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