lunedì 5 marzo 2012

D O L C E N E R A

...così fu quell'amore dal mancato finale
così splendido e vero da potervi ingannare...

 = Fabrizio De André, Dolcenera (Anime Salve, 1996) =


Danilo Maestosi. "DOLCENERA" - (2009) tecnica mista su tavola. cm 80x95
L'avesse fatta in moto, la strada di Matilde di Canossa, si sarebbe divertito un sacco, perché la moto è esercizio, è piega, è gioco di arti e di peso.
Invece il pandino arrancava, secondaterza e via sui salitoni del lungo Dolo e sulle discese ripide della Pietravolta, su un controcrinale che gli ricordava qualcosa - sì - ma niente di preciso.
Era carico e stanco. Ma anche di questo non ricordava il perché.
Forse aveva sciato con qualcuno e la giornata gli era piaciuta. Forse.
Forse aveva sciato tanto ed era stanco. Forse.
No.
Era dolcenera, come l'acqua che il sole infiltra nel terreno sciogliendo neve e speranze in un colpo solo, facendola poi uscire incazzosa, limacciosa, violenta e crudele, da qualche parte più in basso. Parecchio più in basso, anche di dove possono cadere certe persone. 
Una curiosa solitudine, quella. Una paranoia bestiale tra lui e qualcosa (o qualcuno), immaginata come in attesa dietro una di quelle curve che gli ricordavano qualcosa.
Ma non sapeva proprio cosa...
Si era cacciato in un bell'isolamento se l'amnesia non gli permetteva di ricordare nulla di quella familiarità, ma di intuirla soltanto.
Accese il navigatore e inserì la destinazione.
Si era perso.
Sviaggiò su e giù per quelle colline sempre uguali. Belle, per nulla monotone, ma non finivano mai. Nessuna macchina incrociata, nessuna bici, nessuna moto. Nessun daino o capriolo come invece avrebbe dovuto essere... era il crepuscolo, ma anche quel crepuscolo sembrava fermo, come se il sole si fosse dimenticato di finire il tramonto e il cielo non ricordasse come si fa a imbrunire.
Allora fermò la pandina, sulla destra.
Scese e sentì le suole delle scarpe scricchiolare sul brecciolino della curva e pensò a che razza di scivolone avrebbe fatto se ci avesse messo sopra la gomma della ruota davanti.
Pensò tutto di quella caduta e poi, seguendo la via di fuga, vide la ruota che ancora girava.
Si girò per tornare in macchina e prendere il telefono ma la pandina non c'era più.
Tornò a girarsi lentamente, perché, lo realizzò proprio nel girarsi, la targa era la sua. La ruota si stava fermando.
Si vide finalmente lì, sdraiato sotto la moto, immobile, inespressivo.
Ora ricordava tutto.
Il cielo ricominciò a scurirsi e un capriolo passò vicino alla ruota ormai ferma.
I suoi occhi rilucevano al ticchettio della freccia, rimasta accesa.
Tic, tic, tic, tic...
...nera che porta via, che porta via la via, 
nera che non si vedeva da una vita intera così dolcenera, nera
nera che picchia forte, che butta giù le porte...”

Si sedette e rimase a guardarsi, aspettando l'oscurità che ormai arrivava....
Quasi non si accorse del contadino che andò a toccarlo e che provò a sollevare la moto prima di rinunciare e tirare fuori dalla tasca della tuta un vecchio cellulare.
Correte, un incidente!
Maledì solo il giorno in cui aveva smesso di fumare.
Poi chiuse gli occhi e lasciò farsi notte.
...così fu quell'amore dal mancato finale
così splendido e vero da potervi ingannare ...

Pensò che allora l'aveva fatta in moto, la strada di Matilde di Canossa.
Gli sembrò anche di ricordare che si era divertito un sacco, perché la moto è esercizio, è piega, è gioco di arti e di peso.
Ma, pensò, è soprattutto un sogno.

Copyright © Lorenzo Borselli tutti i diritti riservati

6 commenti:

  1. guardarsi dal di fuori...avere la percezione di noi stessi x come siamo veramente...
    gran bella cosa avere tale capacità...
    prendere coscienza che può esistere un punto di fine e uno d'inizio...
    è esattamente questo ciò che leggo...un punto di rottura, che lacera l'anima, ma che permette di riflettere e valutare che esistono delle scelte...
    quella di guardarsi e capire di poter percorrere la stessa strada, si, ma senza girarsi indietro e senza la paura di incappare nuovamente in quella curva dalla quale tutto il dolore è cominciato, xchè la vita ti offre sempre un'altra chance........

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  2. Si. Le opportunità che la vita tu offre sono molte. Tutto sta nel saperle prendere o nel saperle rifiutare...perché a volte bisogna morire, per rinascere. I

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    1. ora che sei morto, rinasci! comincia a risalire la china x arrivare alla "tua" cima....con calma, ma è necessario farlo!

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  3. Un racconto che è finito troppo presto tanto era bello! Tanto era vero!
    Una parte è già rinata. Questa sera. Ora vai con tutto il resto delle cose che contano e che (ti) meritano.
    Ben tornato!

    gb

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  4. Pazzesco come tutto accada con i tempi che servono e non con quelli che gli altri si aspettano. Ho voglia di dire un gran vaffanculo al vento. Posso? V A F F A N C U L O ! ! !
    Ovviamente, caro Giordano, questo non è rivolto a te. Ma, come faceva la mia nonna Norina quando salutava chi se ne andava dopo aver rotto un po' troppo gli zibidei, è rivolto al vento...

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  5. C'è un crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce. Cohen

    Benedetta Vita, benedette quindi le crepe.. :)

    Barbara

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