domenica 12 aprile 2020

DOLOMITAS 2019 - 1 di 2

“Si può sempre andare oltre, oltre... non si finisce mai.”
Jack Kerouac – Sulla strada

Caballos de acero al Puerto de Giau, 2236 mts.
È il 13 giugno 2019 e io non ho i pantaloni. Non li trovo. Dovevano essere nell’armadio, insieme alla giacca e agli stivali. Dove cazzo sono i miei fottuti pantaloni? Poi, all’improvviso, la memoria torna. Ma sì, sono nell’armadio, dall’altra parte dell’Appennino. Resto senza fiato mezz’ora, a fissare un punto vuoto in taverna, a cercare di capire se mi conviene saltare in moto e correre a prenderli, per poi tornare indietro, oppure partire con i verdoni militari. Non prima di essermi preso a ceffoni.
Vado coi verdoni militari. Ho fatto le cose di fretta, come sempre, e ora che sono a metà tra Bologna e Verona, lungo un punto imprecisato della A22, mi ricordo anche di non aver messo i tappi nelle orecchie e siccome sono in ritardo (in grandissimo ritardo), tanto per cambiare, mi tocca tirare parecchio col gas. Così, al posto dei timpani ho i due cilindri che mi martellano la testa. Ma non ho tempo da perdere e vado.
Dove?
A Peschiera del Garda, dove Luz, Chupy, Genaro e Paco stanno arrivando da Savona, dove il traghetto li ha scaricati ieri sera. Un anno dopo, sono di nuovo da me, con Paco al posto di Josè. Per il resto quasi tutto uguale: la pizza appena sbarcati, una notte in albergo e subito trecento chilometri d’autostrada. L’idea era nata a casa loro: c’è un raduno, organizzato dall’IPA Val di Fassa… Ci andiamo? Come no?
Così, quattro mesi dopo il nostro ultimo abbraccio, metto la moto sul cavalletto poco fuori del casello di Peschiera e nemmeno un minuto dopo eccoli. Sono qua.

Desde la Izquierda: Chupy, Genaro, Paco, Gas y Luz
Il programma è semplice: agganciamo il vecio Paolo Molinari da qualche parte e ci facciamo portare da lui a spasso per le Dolomiti. Perché i ragazzi spagnoli vogliono soprattutto vedere i “Monti Pallidi”, l’architettura più perfetta che ci sia in natura (lo disse Le Corbusier, che oltre ad essere architetto era pure francese e, quindi, la sua frase vale doppio…): la catena si estende per tre regioni (Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia) e cinque province (Bolzano, Trento, Belluno, Pordenone e Udine), sale sopra i tremila metri per 18 volte, con i suoi picchi naturali che dominano valli maestose, con laghi color lapislazzulo che fotocopiano il cielo, gli alberi e le rocce, ricche di flora, piene di fauna, con centinaia di villaggi e dialetti diversi. Mille leggende. 
Insomma, bisognava fargliele vedere.

Le Cinque Torri e, sullo sfondo, Cortina (foto dalla rete)
Agganciamo Paolo un’oretta più tardi e dopo qualche convenevole, lo Schütze (più avanti vi spiego) ci guida su per l’antipasto alpino: la Caprino-Spiazzi.
La strada evoca un passato motoristico glorioso: qui si correva una delle classiche della velocità in salita e qui morì, il 3 giugno 2000, il mio amico Fabio Danti, campione europeo in carica. Pochi mesi prima, sciavamo insieme all'Abetone.


Corriamo sui fianchi sinuosi del massiccio del Monte Baldo, sulle Prealpi Gardesane: Caprino Veronese è il punto ideale di partenza di questa strada, corta ma estremamente suggestiva. Avessimo avuto il tempo, ci saremmo fermati due o tre ore per andare a visitare il santuario della Madonna della Corona, ma il tempo non è mai sufficiente; così continuiamo verso Spiazzi e, da qui, fino a Bocca di Navene, dove pranziamo e dove si congiungono, con noi, il commissario Giorgio, uno degli organizzatori del tour IPA, e l'inseparabile figlia Linda. La qualità non eccelsa delle libagioni è compensata dalla bellezza del luogo: dalla terrazza del ristorante si vede uno scampolo del Lago di Garda, più o meno verso Malcesine. Ripeto: avessimo avuto tempo, avremmo potuto sbizzarrirci un po’ anche sulle strade del lungolago, per cercare altri scenari degli inseguimento mozzafiato di 007. 
Ma siamo sul Baldo: la strada si stringe, man mano che arranchiamo verso la quota e quando piego prendo tutta la carreggiata. Forse è la prima volta che i fratellini spagnoli mi vedono andare giù così: del resto, in Spagna, le curve sono una rarità…

Prima cervecita  Peschiera del Garda
Saliamo, verso il Trentino Alto Adige, lungo il Monte Baldo (Gas, Genaro y Chupy)
Si aggiungono Luz e Paco...
Il gruppo a Bocca di Navene: sullo sfondo, il Lago di Garda e Malcesine
Il gruppo al completo: Giorgio e Linda si sono aggiunti a Bocca di Navene
Ok, introduco Paolo ai companeros. Conosco l’uomo - il vecio (en dialecto "el viejo") - da una quindicina d’anni, da quando cioè battevo le autostrade italiane a caccia di un latitante moldavo (che, ovviamente, catturammo poco dopo). Me lo presentarono come uno dei bikers globetrotters più attivi del globo, reduce da un viaggio semestrale in Asia, fatto in sella ad una vecchia GS. Ho scritto di lui tante volte, perché insieme abbiamo visitato Marocco e Tunisia, e anche se ci prendiamo per il culo a vicenda, senza apparente pietà (io per lui sono un “teròne”, lui per me è un “crucco mangiacrauti”) siamo letteralmente culo & camicia. Lui, ovviamente, è il primo. Da quando è andato in pensione (anzi, come dice lui, in penZiòne), ha più tempo per molestarmi coi suoi whatsapp mattutini, nei quali mi manda le foto del paesaggio struggente del villaggio da lui scelto per il suo buen retiro, che dice chiamarsi Gfrill, poco sopra Salurn. In realtà, la toponomastica italiana identifica quel punticino sulla carta geografica, che si eleva a 1330 metri sul livello del mare, come Cauria. In moto lui è calmo, riflessivo. Guarda il mondo dall’oblò del casco e non si annoia mai.

Il fieren Paolen in abiten tratizionalen
E qui è con me e Angela sull'Atlante, al passo Tizi n' Test, in Marocco (2.302 metri), nel 2016
Poi, ci sono Giorgio e Linda. Loro li ho conosciuti in Tunisia: lui sbirro di valore, ormai in pensione (anzi, come dice anche lui, in penZiòne), lei figlia prodigio, laureata in Svizzera e fotografa provetta. Viaggiano a bordo di una Grande Nave Veloce, una BMW LT che nelle strade del deserto ricordava, quando la vedevi arrivare, il muso dell’hercules C-130 del film Con-Air. Saranno con noi in questo giorno di approccio alle Dolomiti e, poi, anche il giorno in cui ci uniremo ai colleghi nel raduno della Val di Fassa. Stava in servizio alla Polizia Scientifica e che sia stato un mastino ne ho avuto conferma al porto di Tunisi, quando un tizio che vendeva sigarette di contrabbando, nel vederlo, si avvicinò ricordandogli che qualche anno prima era stato espulso proprio da questo gigante buono. 
Domani incontreremo anche Bruno, un vero pazzo scatenato!

Father & Daughter
Comunque, da Bocca di Navene andiamo verso la Val di Gresta lungo la SP88, superando agevolmente l'abitato di Ronzo Chienis e il passo Bordala, sotto gli occhi vigili del Monte Stivo, senza poter visitare (il tempo è sempre tiranno) le trincee del Nagià Grom, dei Monti Biaena e di Creino, dove italiani e austriaci si fronteggiavano durante la Grande Guerra. Ma, soprattutto, schivando un sasso che un nonnino mi ha tirato addosso dalla sua panchina nei pressi di Castellano. Non che andassi forte, anzi: probabilmente il vecchietto aveva qualche pensiero incazzoso per la testa. Ho l’abitudine di rallentare sempre, quando sfilo nei centri abitati, ma non sempre i motociclisti lo fanno. Per cui, quando mi ha visto arrivare, pensando che appartenessi ad altra categoria, si è incuneato sui piedi, ha raccolto un sasso e, guardandomi fisso negli occhi, me l’ha tirato contro. Schivare la pietra è stato semplice e non ho raccolto la provocazione. 
I sette tornanti che ci portano giù verso Calliano, sono solo un antipasto di ciò che ci aspetta nei giorni successivi ma, nonostante la brevità di questa "premonizione" di curve, arrivare al fondovalle per poi salire verso Folgaria sulla SS350 dà il gusto inatteso di quando, appena sveglio la domenica mattina, senti l’odore di un ciambellone caldo e del caffè che arriva in camera dalla cucina. Perché la vista che ti si apre sul Trentino, da qua, è come quella del Giardino di Boboli appena varcato l’ingresso di Palazzo Pitti, nella mia Firenze. E come se fossimo nel Rinascimento, ci perdiamo.

Il gruppo, nei pressi del Passo Bordala (da sinistra: Gennaro, Gas, Luz, Paolo, Paco e Chupy)
Il grande "Lebowsky" guida Luz e Paco... 

Il Trentino-Alto Adige è ai nostri piedi
Quanto si diverte, il Chupy...
Alla fine ci perdiamo...
Passati dunque San Valentino e Ronzo Chienis, valicato il passo Bordala (ma non lo avevo già detto?) e oltrepassato Calliano, la piccola carovana di amici sale verso il Passo Sommo, sulla SS350, ormai declassata al rango di strada provinciale. 
Per arrivare ai 1.341 metri d'altezza del "puerto" percorriamo una delle strade motociclistiche più note del basso Trentino: il gran traffico che incontriamo fino a Lavarone, nei pressi del lago, "castra" l'attacco ai tornanti, ma non è una corsa, ovviamente, anche se la voglia di spalancare il gas rischia sempre di prendere il sopravvento. La SS350 collega la valle dell'Adige, che ci stiamo lasciando alle spalle, con   la Val d’Astico e con l'Altopiano di Asiago che, però, non visitiamo, e c'è una precisa ragione: il Vecio Molinari, infatti, ci porta verso il nostro bivacco, a un paio di chilometri dalla sua casa sul lago, a Caldonazzo. E per farlo ci fa percorrere la Strada dei Kaiserjaeger (un orgasmo di parola alla quale corrisponde l'eccitazione nella curva). 
La strada dei Kaiserjaeger, che in tedesco si scrive "Kaiserjägerstraße" ha una storia ultracentenaria, anche se in questo non può competere con le consolari romane (tièh vecio!!!):  tuttavia, le origini militari di quest'opera d'arte, sono affascinanti. 
In tutto la sua lunghezza è di 235 chilometri, ma quelli che facciamo noi, in tutto 12, sono sicuramente i più belli: 1.000 metri di dislivello, tornanti a ripetizione, panorama mozzafiato. C'è anche la versione per escursionisti, ma oggi no: a noi interessa l'asfalto che ha ricoperto la mulattiera costruita dai Cacciatori Imperiali austriaci  durante la prima guerra mondiale per portare i rifornimenti sull'Altopiano di Vezzena. Erano i tempi della  Grande Guerra, quella che dilaniò l'Europa in un tragico e sanguinoso aperitivo di ciò che sarebbe seguito poco più di vent'anni dopo. 
Ma noi veniamo in pace, giusto? 
Anche se il nostro arrivo può sembrare minaccioso, con i caschi scuri, i fari accesi e il rumore dei nostri cingoli, a noi interessa solo il piacere che ci restituisce lo sguardo sui laghi di Caldonazzo e di Lèvico.
Ora, per favore, rifatevi gli occhi...


I tornanti...
Paolo guida il gruppo...
Genaro...
Luz...
Paco...
E infine, Chupy...
Ecco il gruppo che domina i due laghi...
Cosa dicevo a proposito dell'aperitivo di curve?
Solo chi va in moto può godere appieno di un viaggio on the road (e qui riprendo il senso dell'incipit di Kerouac...). 
Certo, se andassimo legati in corda a scalare una vetta, se salissimo in cima a una montagna innevata con le pelli agli sci, se camminassimo ore per raggiungere la sommità di un colle, poi ci sarebbe il gusto di un panorama, il piacere di una conquista. Ma in moto, è diverso. 
In moto sali e poi scendi, non hai il fiatone, l'adrenalina è misurata al grado di oscillazione e alla qualità dell'asfalto. 
Se, poi, hai la fortuna di avere davanti e dietro dei compagni di viaggio che rappresentano  anche i tuoi migliori amici, purtroppo non tutti, ecco sintetizzato il senso della vita.
Per cui, ciao ragazzi! 
Domani abbiamo un'altra giornata che non scorderemo tanto facilmente.
Hasta luego.

© Lorenzo Borselli - Tutti i diritti riservati 



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