lunedì 1 agosto 2011

Quando il motore aveva le farfalle...

Che farfalle, che aveva quel motore...
Il motore era potente, era evoluto, ma aveva poca personalità.
Quei due pistoni garantivano alla sua moto tutto ciò di cui aveva bisogno: potenza, tiro e anche una prevedibile vertigine.
Ma la guida si era fatta stanca, noiosa, ipotizzabile. Allora gli tornò in mente di quando guidava qualcosa di più spartano, di meno complicato e raffinato.


Era quello ciò che ora chiedeva e di cui aveva terribilmente bisogno. Voleva sentire il riflesso puro della meccanica alla sollecitazione del suo polso, voleva tornare a godere dell’accelerazione e della piega, del rilascio e della frenata, con la ruota intraversata e le forcelle impiccate, a fine corsa, con la gomma spanciata a terra per effetto delle forze e della velocità. Sembrava tutto finito da quando l’elettronica, con la sua logica automazione e distribuzione della manetta aveva preso il sopravvento sul pelo nello stomaco. Era rimasto solo spazio per l’incoscienza, perché il controllo era nelle mani di altri.
Si.
Rimpiangeva quella furibonda vertigine che aveva provato solo qualche tempo prima, ma che sembrava avergli compresso il torace un secolo addietro, quando la ruota davanti si alzò imbizzarrita verso il cielo, spingendogli le viscere all’indietro così violentemente che sembravano essersi abbarbicate alla spina dorsale come fa l’edera sui muri di pietra.
Gli mancò il respiro, quella volta, e fu tutt’uno col tremolio delle gambe e le punture di spillo nelle mani, sotto i guanti in pelle. La visiera si era appannata all’improvviso quando col piede sinistro spinse la leva del cambio in basso e avvertì, nonostante la frizione tirata, lo scatto in avanti di quel mostro che aveva tra le gambe e che le cosce non potevano trattenere.
Gli era bastato accennare la rotazione del gas per vedere la lancetta del contagiri schizzare in alto.
Il cuore accelerò il suo battito all’istante e quando i giri cominciarono a tornare al minimo, scoppiettando orgogliosi, le estremità gli si fecero fredde e avvertì un possente senso di virilità che dal tallone risaliva su, elettrico, passando dai tessuti ai muscoli, ai fasci di nervi e poi alle ossa, non prima di avegli scosso violentemente lo scroto, come gli era capitato poche volte, lasciandogli un dolore sul basso ventre.
Un dolore simile a quello provato da bambino, quando il pallone di cuoio gli aveva centrato i gioielli facendolo crollare sulle ginocchia, senza respiro, mentre il dolore risaliva lento attorcigliandogli le budella.
Erano le farfalle, che aprivano e chiudevano le loro ali dentro i condotti incandescenti dell’alimentazione dell’aria, spingendo l’atmosfera fin dentro la camera di scoppio dal carburatore e che finivano con lo scuotergli tutte le membra.
Quel tempo era finito.
Le farfalle sembravano aver segnato il loro tempo (e il suo) e ora al posto di quel motore vivo, selvaggio e così imbizzarrito, era rimasta una fredda centralina in camice bianco alla quale era stato conferito il potere di iniettare il combustibile secondo bisogna.
Esaurita la vertigine, finita la tremarella alle ginocchia, scomparso il rossore sulle guance e svanita l’adrenalina sprigionatasi nell'impennata folle verso il cielo, non gli restò che sfilarsi il casco e sedersi per riprendere fiato.
Aveva guidato poco, ma quella corsa gli valse un giro del mondo e fu contento di poter vedere ancora una volta il sole che scendeva dietro il crinale della montagna che aveva appena salito e, subito dopo, disceso.
Quando il motore aveva le farfalle, lui le sentiva nello stomaco...

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12 commenti:

  1. UNA DESCRIZIONE INECCEPIBILE, manco ci pensavo.... io poi che di moto ne so ben poco; a ben pensarci è come la trasformazione dell'auto che prima andava "carburata"!

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  2. con le "farfalle" mi riusciva ancora metterci le mani sopra a tutto quell'ammasso di ferro chiamato globalmente "motore". adesso con le orecchie abbassate la devi portare in officina e,se sei stato bravo, individuando quale centralina, smontarla e rimpiazzarla mestamente, incrociando le dita!! Carlo

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  3. Grazie Stefano! Devi comprarti una dueruote seria...
    @Carlo: vero... Ma è il cuore quello che soffre di più...

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  4. beh da femminuccia che capisce poco di motori, ma di emozioni forse quanto e più dei maschiucci ;) posso solo dire
    ...caspita che pathos e che ritmo han qs parole! Incalzano, impennano, friggono e si placano e ti tengono per il collo fino all'ultimo puntino di sospensione.
    BRAVO!!

    barbara

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  5. Il motore è solo una rappresentazione... Non trovi?

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  6. trovo, trovo..
    mai nessuna scheda tecnica di un motore sa esser tnt appassionante xk quella è solo meccanica..
    ma tu hai mai letto di Baricco "Questa storia" ?

    barbara

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  7. ...ed io che credevo che tanta illustre poesia fosse riservata al gentil sesso!!!

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  8. Gabriella Vitali D'Andrea2 agosto 2011 alle ore 19:59

    devi iniziare a scrivere più frequentemente. Coraggio
    Ciao, dolce Centauro

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  9. @Arianna: l'avevo capito che eri tu.
    @Gabriella: io scrivo da una vita...

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